Vaccini e farmaci: com’è andata a finire?
Qualche aggiornamento dei miei post per non perderli di vista!
- Domenica 13 novembre sul Corriere Salute un articolo dal titolo “Farmaci fuori indicazione. Quando è giusto rischiare” che riprende gli argomenti da me scritti nel post del 29 settembre: “Perché curarne di meno pagando di più?” Se un farmaco antitumorale che ha un basso costo (20 euro a fiala), si scopre che è utile anche per una patologia oculare, al pari del farmaco approvato per quella patologia che costa molto di più (1700 euro a fiala), occorre modificare immediatamente le indicazioni per le quali il farmaco antitumorale è stato approvato facendolo diventare on-label, come ha anche scritto un collega nell’articolo “Ma di cosa stiamo parlando?” in una rivista di settore.
Quanto si potrebbe risparmiare, a pari efficacia, in modo da destinare quei soldi ad esempio ai nuovi ticket introdotti da poco, in modo modulato sul territorio nazionale, per i farmaci salvavita nel tumore alla mammella?
Sarà così utile sui bambini sani?
Considerando che il vaccino adiuvato costa di più, e forse proprio bene non fa, non potremmo consigliare la vaccinazione nelle persone a rischio solo con vaccini non adiuvati? Dare indicazioni su come seguire una vita equilibrata per aumentare le difese non sarebbe sufficiente nelle persone sane?
- Come abbiamo visto nel post “3D è bello e sano!”, l’immagine tridimensionale può essere usata come esame di massa per scoprire se esiste una ambliopia o deficit visivo monolaterale. Anche la Soi (Società oftalmologica italiana) ha diramato un comunicato stampa che spiega quanto sia utile portare i bambini a vedere film 3D senza particolari rischi infettivi in risposta alla circolare del ministro della Salute del 17 marzo 2011. In particolare il comunicato recita: “Portare i bimbi a vedere un film in 3D non è pericoloso ma può essere considerato un vero e proprio test di “provocazione” che produce precisa indicazione per l’effettuazione di una visita oculistica, se non effettuata in precedenza, nel caso il bambino dimostri specifici disagi”.
Spesso la scarsa visione di un occhio non viene scoperta quando non è associata a strabismo. Per sapere se un bimbo è strabico basta fare una foto e sfruttare il riflesso rosso, senza modificarlo con programmi di ritocco, in modo da scoprire se i due occhi sono equidistanti dal naso o se è presente una patologia che non permette il riflesso rosso della retina. In questi casi è utile portare il piccolo paziente a fare una visita oculistica per correggerlo con occhiali, con ortottica ed eventualmente con occlusione. Se i difetti visivi, legati o meno a strabismo, non vengono scoperti e corretti prima dei sei anni di età difficilmente avranno una possibilità di recupero.
Perché non associare le nuove frontiere tecnologiche alla vecchia arte oftalmologica in modo da ridurre quel 3% di popolazione italiana che, ancora oggi, vede con un solo occhio?