Il Tribunale di Palermo ha disposto il sequestro di beni per 32 milioni di euro a presunti esponenti della cosca mafiosa di Brancaccio a Palermo, guidata dai fratelli Giuseppe e Filippo Graviano. I due fratelli di Cosa nostra sono in carcere da quasi vent’anni: non hanno mai voluto collaborare con i magistrati, dal giorno del loro arresto a Milano, il 27 gennaio del 1994, anche se hanno iniziato a rispondere ad alcune domande dei magistrati. La polizia e la guardia di Finanza del capoluogo siciliano, nell’ambito dell’operazione “Madre natura” ha posto i sigilli ad appartamenti, ville, negozi, terreni, distributori di benzina, bar e agenzie di scommesse che, secondo l’accusa, sarebbero riconducibili, attraverso prestanomi, ai fratelli Graviano, a Giorgio Pizzo, Cesare Lupo e Giuseppe Faraone. Le indagini hanno messo in luce l’infiltrazione della criminalità organizzata in settori strategici del tessuto economico locale come quello delle scommesse, della ristorazione, della rivendita di tabacchi e della vendita al dettaglio di carburante. Ed è proprio nel settore della distribuzione di carburanti che i fratelli Graviano hanno investito ingenti capitali, acquisendo, sin dai primi anni ’90, aree di servizio di rilevanti dimensioni in posizioni strategiche, come all’ingresso autostradale del capoluogo siciliano.
Giustizia & Impunità
Mafia, sequestrati beni per 32 milioni di euro alla cosca dei Graviano
Nel mirino della guardia di finanza sono finite attività imprenditoriali, immobili, terreni e quattro autovetture, riconducibili attraverso prestanomi ai boss di Cosa Nostra
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