Se qualche anno fa ci fossimo trovati di fronte a un governo come questo, le critiche di un pezzo importante di opinione pubblica si sarebbero sprecate sin dal primo istante. I legami con il Vaticano sono evidenti, quelli con le banche e la grande industria addirittura dichiarati. Gli intrecci con il mondo dell’editoria, dal Corriere della Sera fino a La Repubblica, indiscutibili. L’età media dei ministri poi è così alta (63 anni) che la maggior parte di loro sarebbe costretta ad andare in pensione non dalle leggi presenti, ma persino da quelle future.
Nell’esecutivo c’è gente (non tutta) che ha gattopardescamente preso posizione contro lo scempio etico, politico ed economico dei lustri recenti solo all’ultimo, o al penultimo, minuto. E vi è pure chi non ha mai detto una parola.
Il governo dei professori (11 su 18) di Mario Monti però piace. E anche chi lo guarda con diffidenza in queste ore spesso si limita con ragionevolezza a dire: lo giudicheremo dai fatti.
Ovviamente nessuno sa quanto durerà la luna di miele. Finirà quando verranno imposti i primi sacrifici? O per conservare il consenso sarà sufficiente riuscire a far tirare la cinghia ai privilegiati, come promesso da Monti? E quanto conteranno le pensioni, la giustizia e il mercato del lavoro?
Inutile arrovellarsi intorno a queste domande. Ci penserà la cronaca, soprattutto quella economico-finanziaria, a rispondere.
Quella politica, invece, ci ha già spiegato perché gli italiani appaiono oggi felici di ritrovarsi nelle braccia di quelli che una volta si sarebbero chiamati i poteri forti.
A spingerli senza se, e pochi ma, in questa direzione non è stata tanto la quasi certa prospettiva di default per il nostro Paese. Il rischio Grecia c’è ancora. E, per come sono ormai messe le cose, è tutto da dimostrare che il nuovo esecutivo sia davvero in grado di allontanarlo.
A convertire i cittadini sono stati invece i poteri marci. Ovvero quelli, sempre presenti in Italia, che negli ultimi anni hanno trovato nel Cavaliere e nella sua corte i loro migliori campioni.
Così la compostezza e il rigore apparente di Monti e dei suoi ministri tecnici all’improvviso rasserenano gli animi. Le poche e misurate parole del neo-premier diventano sagge per antonomasia alle orecchie di chi fino a due giorni fa era costretto ad ascoltare ogni sera un vociare confuso, intercalato da insulti, barzellette più o meno spinte e pernacchie.
I volti anziani degli uomini e delle donne dell’esecutivo appaiono nuovi per il solo fatto di non essere conosciuti dai cittadini. Le loro storie professionali (generalmente eccellenti) sembrano giganteggiare se confrontate alle carriere politiche di chi a sinistra, a destra e al centro, li ha preceduti.
Bene, da oggi però per davvero contano solo i fatti.
Il compito del nuovo governo è gravoso. Mario Monti parlando della storia del super-ministro Corrado Passera che, come altri suoi colleghi, durante la sua carriera si è trovato ad affiancare più o meno tutti i protagonisti politici ed economici degli ultimi 15 anni (da De Benedetti a Berlusconi, per essere chiari), ha detto di considerarla “una premessa e una promessa di un’attività proficua senza che vi siano nelle sue nuove funzioni possibili intralci legati alla sua attività passata”.
Insomma ci ha messo la faccia. E su questo, come su ogni altro punto, merita di essere preso in parola. Fino a prova contraria.