La discarica di Chiaiano chiude. Lo ha deciso il Consiglio provinciale di Napoli, ad inizio settimana, con la soddisfazione dei comitati che si battevano contro la proroga dell’invaso. Sulla decisione hanno pesato di certo le inchieste della magistratura sulle ditte che si sono aggiudicate l’appalto in collegamento con i clan di camorra e, da ultimo, la relazione del professore Luigi Boeri, il perito che su richiesta del Gip Egle Pilla ha verificato l’impianto accusatorio della Procura (leggi). Dopo la chiusura, prevista per il 31 dicembre, bisognerà avviare la bonifica dell’area e la gestione post mortem dell’invaso. La magistratura continuerà le indagini per capire, tra le altre cose, il ruolo della commissione di collaudo e dare risposta alle intercettazioni, allegate all’indagine, che chiariscono come ben prima dell’aggiudicazione della gara, le ditte sapessero già la precisa collocazione dell’area da adibire a discarica.
La relazione del perito conferma l’impianto di accusa dei pm di Napoli Antonello Ardituro e Marco del Guadio, inchiesta curata dal Nucleo operativo ecologico (Noe), guidato dal maggiore Giovanni Caturano. L’ingegnere risponde agli otto quesiti posti dal gip: sotto esame finisce la realizzazione dell’invaso e i materiali utilizzati. Dati che preoccupano in ordine alla tenuta della discarica e alle possibile conseguenze per la salute e l’ambiente. Nelle conclusioni della relazione, un dossier di 881 pagine, si precisa che non è stato possibile accedere al fondo della discarica per condurre verifiche di natura tecnica. Una scelta che avrebbe potuto alterare l’equilibrio esistente.
Si entra nello specifico. Il materiale argilloso è risultato idoneo “qualora lo stesso – si legge nella relazione – fosse stato impiegato secondo le norme UNI di riferimento e le migliori regole dell’arte”. L’ approssimazione sembra caratterizzare la realizzazione del sito tanto che le sei gradonature (le pareti, ndr) analizzate risultano “ non realizzate a regola d’arte”. Di queste 4 sono già sotto sequestro. Anche i valori minimi di permeabilità per le barriere argillose poste sulle pareti sono stati ampiamente superati. “Tale condizione – si legge – conferma la presenza, nella generalità dei paramenti esaminati, di una barriera minerale posta in opera con evidenti difformità da quanto previsto dalla normativa di riferimento e, conseguentemente, dagli elaborati progettuali a base di gara”. Nella valutazione della qualità del materiale argilloso si evidenzia che “la presenza di elementi decimetrici e materiali estranei determinano vuoti nell’ammasso costituenti vie preferenziali per il passaggio di fluidi e, tra questi, anche del percolato”. Dalla relazione emerge approssimazione anche nella messa in opera della “geomembrana” che serve a impermeabilizzare il sito: “La principale criticità ha riguardato la presenza, sulla saldatura interna, non visibile, di tratti di geomembrana non saldati”. Un lavoro largamente insufficiente quello eseguito dalla Ibi idroimpianti anche per quanto riguarda il materassino bentonitico utilizzato che non è risultato in linea con il capitolato d’appalto. In generale il giudizio contenuto nella relazione è una bocciatura rispetto ai materiali e alla messa in opera del sito.
La relazione ha confermato, come evidenziato nell’inchiesta del Noe, la provenienza dell’argilla da cave salernitane, tra l’altro non autorizzate dalla Regione. Un passaggio viene dedicato alla commissione di collaudo, in merito alla mancata verifica della saldatura del telo ‘ limitandosi ad acquisire i verbali di prova, con esito positivo, certificati dalla Direzione Lavori e dalla IBI spa, emerge anche difformità tra i collaudi effettuati e i risultati della relazione rispetto all’analisi dell’argilla. Le eventuali responsabilità del direttore dei lavori così come della commissione di collaudo sono in corso di accertamento. Oltre ad una possibile copertura a valle, in sede di realizzazione della discarica, resta da capire chi in fase di assegnazione dell’appalto rassicurò gli uomini della Ibi e dalla Edilcar sull’esito della gara.
Prima dell’apertura delle buste, nel maggio 2008, Mario Carandente della ditta subappaltatrice Edilcar, intercettato dagli uomini del Noe, così tranquillizzava una familiare sulla destinazione e divisione della particelle: “ Allora qua evidentemente devono fare dei servizi, le baracche, gli uffici, la stradina, non viene messa l’immondizia”. Sapevano già della futura vittoria della gara, della precisa collocazione degli uffici e dell’area, invece, destinata alla discarica. Chiaiano chiude, ma restano aperte domande e misteri.