Dipendenti in strada per protesta. Qualche mese fa per rilevare il marchio si è fatta avanti la Karsan, un’importante azienda turca del settore che ha esordito con una proposta-choc: “Compriamo ma terremo a Bologna solo 60 dei 300 operai”
Un vero paradosso quello delle fabbriche dei bus: i soldi che l’Italia spende per pagare le multe che arrivano dall’Unione Europea a causa dello lo smog nelle città, si potrebbero investire per sostituire autobus vecchi e inquinanti con altri nuovi e all’avanguardia. La ditta bolognese produttrice di autobus intanto dal 1 gennaio vedrà la quasi totalità dei suoi (270 su 290) operai andare in cassa integrazione ordinaria, almeno fino al 31 marzo.
Sommati ai quasi 700 operai della Irisbus di Avellino (la fabbrica della Fiat che ha annunciato la chiusura a settembre), mille operai che sanno costruire mezzi pubblici si fermeranno in tutta Italia. E tutto succede in un paese fanalino di coda tra i quelli europei per quanto riguarda il trasporto pubblico. Dietro di noi ci sono Bulgaria, Ungheria, Estonia e Slovacchia: non proprio dei giganti industriali ed economici.
Anche se la cassa integrazione comunicata dall’azienda bolognese giovedì scorso non è la notizia più drammatica per i lavoratori. BredaMenarini è infatti alle prese con una crisi che rischia di metterla in ginocchio: “Dai 15 milioni di euro di perdite nel 2010 siamo arrivati ai 21 milioni di quest’anno – spiega Bruno Papignani, segretario della Fiom Cgil di Bologna – una cifra che supera il costo del lavoro”. E questo, secondo il sindacato dei metalmeccanici, deriva sia dal fatto che il mercato è fermo sia per la cattiva gestione dello stabilimento bolognese. “Abbiamo fatto presente che ci sono sprechi, soprattutto nell’acquisto della componentistica: vengono comprati prodotti non di qualità a prezzi troppo alti”.
Ma invece di cambiare la gestione per tutti questi problemi, Finmeccanica ora vende anche per fare cassa visto i crolli in Borsa. Da qualche mese si fa il nome di un’importante azienda turca del settore, la Karsan, che al suo arrivo sotto le Due torri questa estate aveva fatto una proposta-choc che ha stordito la stessa Finmeccanica: “Compriamo – avrebbero detto gli emissari venuti da Istanbul – ma terremo a Bologna solo 60 dei 300 operai”. La proposta azzardata ha ricevuto il niet di Finmeccanica e ora i turchi, entro fine novembre, presenteranno una nuova offerta, stavolta in via ufficiale. Ma la paura degli operai è tanta. La stessa Fiom parla anche di un altro imprenditore milanese che nelle prossime settimane potrebbe farsi avanti. Ma ancora sono ipotesi.
Finmeccanica, il colosso dell’industria pubblica italiana, è impegnato solo per una minima parte nel trasporto pubblico (dove peraltro possiede anche la AnsaldoBreda). I suoi core business sono infatti altri: armamenti, sistemi per la difesa, meccanica aero-spaziale. Finmeccanica “purtroppo non ha forze e risorse sufficienti a mantenere eccellenza e competitività in tutti i numerosi settori che a essa fanno capo”, aveva spiegato in commissione al Senato Giuseppe Orsi, amministratore delegato del colosso pubblico, il 18 ottobre. E quindi, “per non essere spazzata via dal mercato” deve “operare delle scelte. Tale è il caso del settore dei trasporti, in cui è auspicabile che altre aziende, che ivi trovano il proprio core business, siano disponibili a investire”, aveva spiegato Orsi lanciando un messaggio chiaro sulla questione della BredaMenarini bus di Bologna. Di queste ore la conferma da parte dell’amministratore delegato. “Per Ansaldo Breda e Menarini Bus siamo in contatto con potenziali partner. I settori strategici sono aerospazio e difesa, elettronica per la difesa e la sicurezza”, ha detto a Milano Finanza Orsi due giorni fa.
Ma la Fiom non vuole che l’industria pubblica abbandoni un settore strategico come il trasporto pubblico: “Finmeccanica non può uscire e neppure abbandonare la maggioranza delle azioni – spiega Papignani – anche perché l’operazione in tempi brevi sarebbe difficile visto che nel mondo ci sono settemila autobus BredaMenarini e bisognerebbe riorganizzare in poche settimane il sistema della manutenzione”.
Appena più in là dell’appennino, a rischio è anche l’AnsaldoBreda di Pistoia, la più importante fabbrica italiana di treni. Ieri gli operai dello stabilimento che fa capo a Finmeccanica (in tutto ci sono 850 addetti e con l’indotto 2 mila), hanno scioperato per un’ora.
d.m.