La Sopa è anche nota come E-Parasites Act (acronimo di “Enforcing and Protecting American Rights Against Sites Intent on Theft and Exploitation”) ed è una riscrittura del Protect IP Act introdotto lo scorso maggio per introdurre ulteriori restrizioni contro la violazione del copyright. Tuttavia la nuova versione prevede sanzioni ancor più pesanti per gli utenti che rischiano fino a 5 anni di carcere per avere postato online link anche ad uso non commerciale. Ad esempio, una canzone caricata su YouTube e segnalata sul profilo Facebook. In aggiunta il governo può richiedere agli IP di bloccare l’accesso ai siti che riportano link “non autorizzati” obbligando i motori di ricerca, i blog e i forum online alla rimozione coatta.
A questo si aggiunge la stretta economica, con il blocco dei finanziamenti agli indirizzi “incriminati”. Se ad esempio un sito vive grazie ai versamenti via PayPal o MasterCard ma è stato segnalato per avere pubblicato contenuti “pirata”, chi ne detiene i diritti e pertanto lo denuncia può contattare PayPal e Mastercard e richiedere loro di interrompere il flusso dei finanziamenti che significa indurre il fallimento del business. Il risultato è che migliaia di siti che oggi operano in conformità con le norme in vigore, ovvero secondo quanto stabilito dalla Digital Millennium Copyright Act (DMCA) dovrebbero affrontare preoccupanti problemi legali. Social media inclusi, perché la legge non fa sconti né a YouTube né a Tumblr e a tutte le piattaforme di condivisione.
La Sopa rappresenta un provvedimento gravissimo e sul web americano si parla già di “emergenza”. Secondo Gigi B. Sohn, presidente di Public Knowledge , la nuova legge ribalta i principi e le consuetudini accettate sulla tutela del diritto d’autore “senza tentare di proteggere chi è accusato di violazione del copyright” e James Allworth della Harvard Business School spiega che la norma “congela l’innovazione” e conferisce alle industrie dell’entertainment “il potere di censura” peraltro “bypassando l’iter legale per farlo”.
La nuova legge, se approvata, metterà in pericolo il libero uso di Internet in molti altri paesi oltre a creare un precedente per l’elaborazione di regolamenti restrittivi per il web. Infatti la Sopa si applicherebbe a chi viola la legge americana, ma visto che la maggior parte degli internet host sono negli Stati Uniti, la censura dei siti nella ‘blacklist’ avrebbe un effetto domino su chi all’estero ne linka i contenuti.
Si tratta dunque di un “bill” che minaccia la Rete e per cui American Censorship Day chiede di mobilitarsi. Chi desidera partecipare può embeddare il logo della campagna e il codice per chiedere agli utenti di contattare il Congresso. Oppure può scegliere di oscurare il nome del proprio sito con la fascetta nera “stop censorship” che rimanda a un banner da cliccare per scrivere ai rappresentanti eletti a Washington. Inoltre Avaaz, sito attivista impegnato in campagne online, ha lanciato una petizione per “fare sentire la nostra voce in ogni angolo della Terra e lanciare un appello globale senza precedenti”. Per salvare la libertà di Internet degli Stati Uniti, che è anche la nostra.