Secondo l'accusa, l'imprenditore vicino a Cl avrebbe ricevuto fondi neri dall'ente ospedaliero, ma non se ne conosce la sorte finale. Un'ipotesi è che agisse come "cerniera" con le istituzioni. Il governatore lombardo Formigoni: "Nessunissimo rapporto con la Regione"
La Fondazione Monte Tabor che controlla l’istituto sanitario si sarebbe procurata consistenti somme di denaro in nero, che il braccio destro di don Verzè Mario Cal (suicida il 18 luglio) avrebbe consegnato a Daccò. Il provvedimento di fermo notificato dalla Guardia di Finanza di Milano non fa cenno alla successiva destinazione di questi fondi, ma il sospetto è che Daccò, privo di qualunque incarico ufficiale nell’ente, fosse una sorta di “ufficiale di collegamento” con le istituzioni.
A Piero Daccò farebbe capo la Iuvans International, società con sede a Lugano che avrebbe intrattenuto per anni “ambigui rapporti d’affari” con l’ospedale milanese. La Iuvans è controllata dall’omonima holding olandese (che per anni ha avuto come socio Antonio Simone, ex assessore regionale lombardo alla Sanità) e fa capo alla Silver Age Investiments di Curacao, che a sua volta è foraggiata da un’altra società finanziaria: la King Ross International di Panama. Potrebbe essere questa complessa rete di rapporti l’oggetto del lungo interrogatorio dell’imprenditore.
“Pierangelo Daccò non aveva nessunissimo rapporto con la Regione Lombardia”, fa sapere intanto il governatore della Regione Lombardia Roberto Formigoni. “Lui, a quello che si sa, svolgeva lavori di consulenza con il San Raffaele e noi abbiamo a che fare con gli amministratori di quella struttura, che è privata ed è uno degli ospedali migliori d’Italia e del mondo”. E ha aggiunto: “Può darsi che esponenti della Regione abbiano incontrato Daccò, probabilmente è accaduto, certamente, ma se il San Raffaele manda in propria rappresentanza questo o quello è chiaro che da chi sceglie di essere rappresentato è la società che lo fa”.