Nella Silicon Valley gira un aneddoto sull’epoca pionieristica della Apple. In una riunione di vertice si esaminava una nuova versione di personal computer e Steve Jobs non era soddisfatto della miniaturizzazione né della compatezza del design.
Gli ingegneri obiettavano di aver fatto il massimo possibile, anzi un miracolo, e che di più non si poteva assolutamente ottenere. Jobs non aveva aveva fama di esser paziente e tanto meno accomodante. Prese il prototipo di computer, aprì l’acquario dei pesci e ce lo buttò dentro. Dal manufatto uscirono delle bolle d’aria, al che Jobs esclamò: “Ecco! Come avevo detto c’è ancora molto spazio vuoto in quest’arnese!” e uscì dalla stanza lasciando tutti trasecolati.
Gli ingegneri raccolsero il prototipo dall’acquario (non si hanno notizie di meduse urticanti o piraña ivi alberganti), si rimisero al lavoro e la volta successiva portarono a Jobs un computer da cui fuoriuscivano pochissime bollicine.
Se uno si chiede perché la Apple non poteva nascere in Italia, soprattutto al Sud, basta immaginare cosa sarebbe successo ad un ipotetico Stefano Lavori ad Afragola o a Poggibonsi (non si offendano le Pro Loco di queste ridenti località, scelgo dei nomi a caso). Innanzitutto la madre degli ingegneri poco cerimoniosamente trattati avrebbero inscenato un casino di fronte ai cancelli della fabbrica, riprese dalle telecamere delle Tv locali. I loro ciccini e le loro bamboline così intelligenti, che avevano tanto studiato (e loro lo sapevano perché portavano sempre cappuccini e biscotti mentre erano chini sui libri) non meritavano di essere umiliati in quel modo.
Poi naturalmente il sindacato e il Consiglio di Fabbrica avrebbero proclamato lo stato di agitazione e chiesto un incontro urgente con la direzione. Lì avrebbero fatto presente che i fuoribusta ai sindacalisti, i generosi permessi sindacali e gli occhi chiusi sulle assenze di alcuni privilegiati dovevano essere in qualche modo aumentati altrimenti loro non potevano garantire di tenere a bada gli scalmanati e – Dio non volesse – poteva radicarsi qualche Cobas in azienda (il che avrebbe fatto lievitare le mazzette).
Poi la segretaria di Lavori avrebbe annunciato la telefonata dell’assessore regionale, preoccupato da queste voci su atti di intimidazione che lui, come rappresentante democraticamente eletto, non poteva ignorare, anche se Lavori contribuiva generosamente (in nero) alla sua campagna elettorale.
“Vede caro Lavori, l’ingegnere che ha concepito lo schermo è cugino di una persona molto radicata nel territorio, al quale dispiace che i suoi familiari non vengano ossequiati con il dovuto rispetto. Poi ha presente quella ragazza dall’aria ebete, sempre vestita come una squinzia di Vogue e impiastricciata con tre mani di cosmetici? Beh, sta a cuore al settore fidi della banca con cui lei ha così stretti rapporti. Quando gliel’ho segnalata per l’assunzione, era nel suo esclusivo interesse. E tanto per fare un altro esempio (sempre per il bene suo, si intende) mi lasci menzionare che il vice-sotto-responsabile-aggiunto del suo team di progettazione è il figlio del direttore della Asl.
Certe sue rigidità potrebbero indurre una reazione analoga. Ad esempio, quelle ispezioni sulla salubrità dei locali su cui qualcuno trova da ridire. E, glielo dico in camera caritatis, qualcuno ha messo in dubbio che le lampadine messe nello scantinato siano a norma. E vogliamo parlare di quello sfortunato ragazzo che ha sbattuto la testa contro la macchina del caffè mentre prendeva il resto e adesso dice di soffrire di amnesie e angosce notturne? Se la commissione nominata dalla Asl dovesse avallare la diagnosi del perito, partirebbe una causa di risarcimento per non aver rispettato la normativa europea contro gli infortuni. Magari trova un magistrato zelante che ravvisa rilievi penali. Le lascio solo immaginare i fastidi.
Per di più mi mette in una condizione molto incresciosa nella gara d’appalto per l’acquisto di computer nella pubblica amministrazione. Sapesse come mi tempestano di telefonate i suoi concorrenti. E anche la stampa locale mi sta sempre con il fiato sul collo per certe faccenduole che loro trovano poco edificanti. Sapesse come soffre la mia signora per questi attacchi proditori provocati dai miei avversari politici”.
Il povero Lavori si sarebbe arreso e i computer usciti dal suo stabilimento, scambiati per residuati dell’esercito bulgaro, a parte le vendite alla pubblica amministrazione (che comunque non pagava mai il dovuto), sarebbero marciti in magazzino. La Mela Computer Spa avrebbe dichiarato fallimento pochi mesi dopo, i lavoratori guidati dal Comitato di Fabbrica sarebbero saliti su una gru, mentre nei talk show e sui giornali gli opinionisti avrebbero inveito contro il capitalismo senza regole, il neo-liberismo, il complotto delle banche. La Camusso e la Marcegaglia avrebbero firmato un documento congiunto esprimendo preoccupazione sulla crisi dell’industria italiana giungendo alla conclusione che solo una patrimoniale poteva risolvere i problemi del Paese.