La normalizzazione è avviata. Non sto dicendo “si stava meglio quando si stava peggio”. E’ ovvio, quindi inutile, esprimere soddisfazione per la caduta del governo Berlusconi. Però, cresce un senso di insofferenza insopportabile nell’imboccare una strada che sembra, nella sua trasposizione mediatica e televisiva almeno (mentre in piazza a ogni occasione volano, per riflesso, botte, manganelli e anche altro, vedi 15 ottobre a Roma, ma non solo), la realizzazione di alcune profetiche e insopportabili parole: “Abbracciamoci forte e vogliamoci tanto bene perché abbiamo vinto, abbiamo vinto tutti stasera, abbiamo vinto tutti, abbiamo vinto tutti”. Era Fabio Caressa, telecronaca alla finale dei Mondiali di calcio del 2006.

Un clima insopportabilmente ipocrita di riconciliazione assoluta ci assale cinque anni dopo. Con Luciana Littizzetto che da Fabio Fazio, altro grandissimo interprete del volemose bene perpetuo nazional popolare, cerca di farci ridere facendo i complimenti al governo Monti. Non accetto la teoria di Michele Serra, che su Repubblica ci ha consigliato: “Per ogni ministro nominato, fate così: cercate di ricordarvi chi era il suo predecessore. Vedrete che in nove casi su dieci il passo in avanti è stato grandioso. A prescindere”. No! Possiamo davvero mandare giù questo tipo di discorso? Un boccone amaro come la medicina che il governo Monti infliggerà al Paese.

Anche Nichi Vendola, nello studio faziesco, pur esprimendo qualche sacrosanta riserva sul nuovo esecutivo, appare inghiottito nel nuovo clima. In cui non trova posto, per ora almeno, il politico che più di ogni altro ha imparato l’arte della scenografia da fiction berlusconiana, la capacità di creare evento veltroniana e la spocchia dalemiana. Tutto quello che in questi anni molti di noi non hanno amato e spesso hanno avversato. Ma sembra così nuovo, giovane, fresco. Attenti, fra un po’ arriva pure lui. Si chiama Matteo Renzi.

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