Il verdetto di Cassazione previsto per il 22 novembre. Lo "zar" dei servizi segreti italiani è stato condannato in appello per aver indotto alla falsa testimonianza nel processo Diaz l'ex questore di Genova Colucci. Tra i processi principali sulle violenze di dieci anni fa è il primo ad avviarsi alla conclusione. Ancora bloccato "per problemi di notifica" quello sulla sanguinosa irruzione nella scuola occupata dai "no global", sempre più a rischio prescrizione
Arriva il momento della verità per Gianni De Gennaro, ex capo della polizia e “zar” dei servizi segreti italiani come direttore del Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. E’ prevista domani l’udienza nella quale la Corte di Cassazione deciderà se confermare o meno la condanna a un anno e quattro mesi di reclusione per istigazione alla falsa testimonianza in relazione ai fatti del G8 di Genova.
Secondo l’accusa, l’allora capo della polizia avrebbe spinto l’alto dirigente di Ps Francesco Colucci, questore del capoluogo ligure durante il G8 del 2001, a modificare la la sua testimonianza al processo sulla sanguinosa irruzione alla scuola Diaz, avvenuta la notte del 21 luglio. Una pressione, di cui Colucci parla diffusamente in telefonate intercettate, tesa ad allontanare da sé qualunque responsabilità nella catena di comando dell’operazione che si concluse con oltre sessanta feriti su 93 arrestati, tutti poi risultati estranei all’accusa di appartenere al “black bloc”, che era stato protagonista di due giorni di devastazioni.
Insieme a De Gennaro – difeso dal professor Franco Coppi – è stato condannato, per lo stesso reato, a un anno e due mesi, anche l’ex capo della Digos di Genova Spartaco Mortola, attualmente capo della polizia ferroviaria di Torino, dopo la nomina a questore. De Gennaro e Mortola hanno scelto il rito abbreviato, mentre Colucci ha scelto l’ordinario. Per entrambi la condanna è stata sospesa dalla condizionale e a nessuno dei due è stata inflitta la pena accessoria della sospensione temporanea dai pubblici uffici. L’ex capo della Digos ha anche un’altra condanna in appello, a tre anni e otto mesi, per l’irruzione alla Diaz.
Il processo De Gennaro potrebbe dunque essere il primo a concludersi tra i procedimenti principali scaturiti da quelle giornate caratterizzate da violenti scontri di piazza e da gravi abusi delle forze dell’ordine sui manifestanti. Oltre dieci anni dopo gli avvenimenti, infatti, sono ancora fermi alla sentenza d’appello il processo contro i manifestanti per gli incidenti durante i cortei (dieci condannati), il processo per i maltrattamenti inflitti nel centro di detenzione di Bolzaneto (44 condannati) e, appunto, quello sull’irruzione alla Diaz (25 condannati).
Su quest’ultima, che dalla ricostruzione processuale emerge come una pagina nera della polizia italiana, si è innescata una polemica che riguarda proprio i tempi del giudizio in Cassazione. Un mese fa è emerso che gli atti giacciono ancora alla Corte d’appello di Genova, nonostante la sentenza risalga al 18 maggio 2010. Il problema starebbe nella difficoltà di notificare la sentenza e gli atti a tutte le parti coinvolte nel procedimento. Quindi tutto è fermo. Le associazioni vicine al movimento denunciano che lo stallo potrebbe far scattare la prescrizione prima della sentenza definitiva, “salvando” i 25 poliziotti condannati, e in particolare gli alti dirigenti come Franco Gratteri, Gianni Luperi, Gilberto Caldarozzi, Vincenzo Canterini. Timori rilanciati anche da Magistratura democratica, che invita i colleghi genovesi ad accelererare le pratiche per “sgombrare il campo da ogni sospetto”.