Un ritorno a casa per Giulio Tremonti, che, seppur con freddezza, è stato accolto nel quartier generale della Lega Nord in via Bellerio. Ma solo al termine della segreteria del partito, solo con Umberto Bossi. Alle 19, quando i vertici del Carroccio avevano già lasciato la riunione cominciata alle 15 e terminata poco dopo le 18. Il partito era al gran completo. Tutti tornati nei ranghi. La prima riunione da partito all’opposizione, dopo l’insediamento dell’esecutivo di Mario Monti, è stata l’occasione per pianificare il cammino verso le elezioni. Con una certezza: rimanere comunque fuori dall’attuale governo, mantenendo le commissioni che già presiede, rinunciando però a nuovi incarichi e al Copasir, che spetterebbero invece proprio al Carroccio. Sulla poltrona occupata da Massimo D’Alema, di fatto, dovrebbe sedere Roberto Maroni. Ma l’ex ministro dell’Interno ha ribadito negli ultimi giorni di non essere interessato. “Ora farò solo il leghista. Farò il parlamentare semplice, se questo deciderà il partito. Ho passato nove degli ultimi undici anni ricoprendo cariche istituzionali, mi sembra di aver dato”, ha ribadito anche in un’intervista al settimanale Oggi. Maroni è il presidente del Parlamento Padano, che si riunirà il prossimo quattro dicembre, come annunciato da Bossi lunedì 14 novembre, sempre da via Bellerio, quando Monti non aveva formato il governo. E il quattro dicembre sarà l’occasione proprio per rilanciare l’azione leghista sul territorio, da dove necessariamente il partito deve ripartire per tentare di recuperare la base persa durante questi anni di esecutivo al fianco di Silvio Berlusconi.

Anche di questo si è parlato alla segreteria politica: dell’urgenza di tornare tra la gente. Ovviamente in vista delle elezioni che, per quanto riguarda la Lega, sarebbero (a parole) necessarie da subito. Ma anche al Carroccio serve del tempo per riorganizzarsi e rinsaldare le varie fratture che si sono mostrate con evidenza negli ultimi mesi, in particolare tra il Cerchio magico di Bossi e i cosiddetti maroniani. C’è inoltre il nodo dei sindaci, a cominciare da Flavio Tosi. A Verona le amministrative saranno la prossima primavera e Tosi ha già minacciato di voler andare da solo forte del risultato di quattro anni fa, con la Lega che prese il 10% e Tosi da solo circa il 20%. Tanto che tra i primi cittadini leghisti (compreso Attilio Fontana di Varese, anche lui tra i maroniani critici della gestione del partito da parte del cerchio magico) si parla della possibilità di dare vita a un partito dei sindaci. Quindi il governo Monti è utile anche alla Lega, a cui permette un arco di tempo per riorganizzarsi e prepararsi alle elezioni. Alle quali intende presentarsi da partito d’opposizione.

Così, in via Bellerio, oggi, erano presenti tutti i colonnelli. Maroni in veste di coordinatore della segreteria politica, Roberto Calderoli, coordinatore delle segreterie nazionali. Poi il vicepresidente del Senato, Rosi Mauro, i capigruppo a Montecitorio e Palazzo Madama, Marco Reguzzoni e Federico Bricolo, il presidente del Piemonte, Roberto Cota e il senatore Roberto Castelli. Sul tavolo della prima riunione della segreteria, come detto, la definizione della linea politica del movimento e il dossier commissione: la Lega rimarrà a capo di alcune commissioni parlamentari di peso, come quella del bilancio alla Camera, presieduta da Giancarlo Giorgetti. Ma il Carroccio ha scelto la linea dell’esclusione, certa che paghi di più in termini di voti non prendere parte in alcun modo all’esecutivo Monti. Lo ha chiarito Reguzzoni, al termine della riunione. Quella delle commissioni “non è una partita che faremo. Non ci interessano le presidenze di commissioni né di altro: la Lega è all’opposizione e starà all’opposizione”. Poi ha bacchettato (con facilità) il decreto su Roma Capitale varato oggi dal Consiglio dei ministri. Ribadendo le critiche espresse già in una nota da Roberto Calderoli. “Abbiamo visto – ha attaccato il capogruppo della Lega a Montecitorio – che il primo atto del governo è stato un ennesimo regalo a Roma. Soprattutto di questi tempi non ce n’era assolutamente bisogno e se ne poteva fare a meno”.

Quando Reguzzoni e gli altri hanno lasciato la sede, verso le 18.30 è arrivato Giulio Tremonti. L’ex ministro dell’economia è reduce da mesi di rapporti tesi con una parte del Carroccio. Nei giorni scorsi, è trapelata la notizia che il tributarista di Sondrio avesse chiesto la tessera della Lega a Bossi. Indiscrezioni mai confermate dai vertici del movimento e tiepidamente smentite da Tremonti con una nota: “Un minuto dopo le dimissioni dal Governo ho interrotto ogni tipo di attività politica tanto istituzionale quanto personale. Non un atto, non una parola. Riprenderò a parlare ed agire quando ne sarà il tempo. Non ora”. Non ora è quanto gli ha risposto anche Bossi, prendendo tempo per confrontarsi con i vertici, come ha fatto oggi. “Ci ha chiesto un’opinione – conferma Maroni – ma io ero, e resto contrario” perché “Tremonti è amico della Lega, ma non è un leghista. E ha un ruolo fondamentale da giocare nel partito dove sta” mentre nel Carroccio “sarebbe sprecato”.

Ora che le elezioni si cominciano a intravedere all’orizzonte, il Senatùr cerca la collegialità. Con il “nemico” Monti è per tutti utile allinearsi al fronte, riprendere i contatti con il territorio e guardare cosa fa il governo del professore. In attesa della rinascita del Parlamento Padano, poi in via Bellerio si affronterà il vero nodo: la riorganizzazione del partito. La successione e l’epurazione.

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