Con l’inizio della settimana, professori e tecnici avranno un incontro ravvicinato con la realtà nel salto dalle parole ai decreti. Mentre i media si esercitano in vaticini, a mio avviso il discorso di Monti pur nella penuria di dettagli (che del resto raramente abbondano nel programma presentato in Parlamento) delinea una strategia coerente per affrontare la tempesta.
La crescita economica da decenni è inchiodata a livelli haitiani perché enormi risorse vengono saccheggiate alla parte produttiva del paese per perpetuare la Piaga delle 4 C: caste, cosche, cricche, clientele, e alimentare un settore pubblico pachidermico, inefficiente e vessatorio. Questa gigantesca dissipazione (a cui nel settore pensionistico si aggiunge la tragica iniquità generazionale) è il macigno che spacca la spina dorsale del sistema economico ed erode le fondamenta della crescita: ricerca, istruzione, giustizia, flexicurity, infrastrutture, giustizia, trasporti pubblici, sicurezza.
La gimkana di Monti sarà dura: a ogni taglio di sprechi, si indigneranno telelobotomizzati e intellettualoidi dal cervello candeggiato, che immaginano il grosso della spesa pubblica destinata ad asili, orfani e ospedali, senza vedere la reale destinazione verso i patrioti di Alitalia, i Don Verzé, Comunione e Fatturazione, le bande Letta, Bisignani & Bertolaso, le cricche Verdini, gli amici di Cuffaro, le congreghe di Penati, quelle di Finmeccanica, o i leccapiedi di Tremonti e Milanese.
Il discorso di Monti delinea un piano d’attacco a ondate successive contro i bastioni dei privilegi e del parassitismo. Il lessico asciutto di spending review, talento, interventi strutturali, test Invalsi, disciplina delle professioni, concorrenza, pone l’enfasi giustamente sulle misure microeconomiche, sul lavoro certosino di cesello, sulla tenace bonifica della palude mefitica di interessi. Infine nel sottolineare il legame tra stabilità finanziaria e crescita, Monti spazza il miraggio di Eurobond e monetizzazione del debito, ridicolizzando i vacui strali contro fantomatici speculatori.
Il mio personale Dizionario del Diavolo alla voce democrazia riporta: privilegio di scegliere il minore dei mali. Questo governo con tutti i difetti che ciascuno (giustamente) vi ravvisa, i conflitti di interessi di Passera, le influenze vaticane, l’avvocato dei poteri forti, le troppe poche donne, i troppi pochi giovani, il loden troppo verde, è l’appiglio che ci separa dal baratro. Che vada incalzato e criticato senza timori reverenziali e senza velluti è pacifico. Che si enfatizzi ogni micro aspetto è un errore madornale, se non pesato contro le alternative. Questo governo veleggerà tra scogli insidiosi senza carte nautiche, non verso l’Eden. Dovrà conquistarsi credibilità interna e internazionale nel parlamento degli Scilipoti evitando di pagare la libbra di carne ai partiti che lo possono defenestrare a piacimento.
Per solidificare il consenso prima di ogni altra cosa dovrà infliggere un colpo di mannaia deciso ai costi della politica e ai privilegi della casta. Questo è il momento e l’opportunità va colta in fretta con un decreto su cui porre la fiducia, perché l’elettorato che paga le tasse lo vuole fermamente e inflessibilmente. La casta che ringhia attraverso i vari Ferrara, Sallusti e Fassina, adesso non può mordere. Difficilmente avrebbe il coraggio di votare contro un provvedimento che elimini le province, elimini vitalizi e privilegi ai parlamentari, impedisca le follie regionali, decapiti i portaborse. A quel punto Monti acquisirebbe una popolarità difficile da scalfire.
Meglio ancora se ramazzasse in casa propria: alla Presidenza del Consiglio sono stati distaccati grazie a Berlusconi e Letta centinaia di funzionari inutili. Li metta immediatamente in mobilità, tanto sia a Palazzo Chigi che nelle amministrazioni di provenienza sono palesemente inutili. Tagli gli staff degli ex Ministri senza portafoglio, incluse le pupe da calendario e da giarrettiere, che dipendono dalla Presidenza. E infine non sarebbe male azzerare tutti i contributi ai giornali per un’opera di disinfestazione mediatica. Se a Berlusconi fa comodo avere i botoli al guinzaglio, che almeno paghi il pappone (inteso come pasto, degli altri già se ne prende cura abbastanza).
A quel punto sui passaggi cruciali, in primis le pensioni secondo logica Fornero, con contributivo equo e spalmato, avrà molti più margini. Se oltrepassa questo scoglio entro la metà di dicembre con gli spread verso i 300 punti base, anche i ciechi si accorgeranno della differenza per i propri interessi rispetto ai mandarini della casta. E inevitabilmente sorgerà il dubbio: perché rivotarli e confermare il “primato della politica”, l’ eterno alibi di fazioni e corporazioni che spolpano il paese onesto? Allora l’architrave che regge i partiti nelle incarnazioni con e senza la elle crollerà di schianto. Tutto sommato nell’angoscia da ultima spiaggia, mi sento un po’ meno vicino al bagnasciuga.