Parte l’operazione ”credibilita” con cui l’Italia di Mario Monti punta non solo a convincere Ue e mercati sulla sua capacità di uscire dalle sabbie mobili, ma anche a riportare la voce di Roma nella stanza dei bottoni delle decisioni di Eurolandia. Riconquistando il suo ruolo di Paese fondatore dell’euro, co-protagonista delle grandi decisioni. Il Professore, forte anche della “piena fiducia” incassata oggi dal presidente Usa Barack Obama, si prepara al suo tour europeo, destinato a diventare una sorta di road show – domani a Bruxelles con i vertici europei e giovedì a Strasburgo con Angela Merkel e Nicolas Sarkozy – con un duplice obiettivo: convincere il presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy e quello della Commissione, Jose Manuel Barroso, che l’Italia ha pronte le risposte, da tradurre a stretto giro in misure e riforme. E sedersi, con la cancelliera tedesca ed il presidente francese, ad un tavolo a tre gambe, dopo il rischio che il direttorio – da molti battezzato come l’asse ‘Merkozy’ – relegasse Roma a ‘sorvegliata specialè. Forte anche di una nuova stagione nei rapporti con l’America di Obama che oggi ha chiamato Monti esprimendogli “piena fiducia”. In lui ma anche “nell’elevata competenza” dei suoi ministri che sono un “ulteriore garanzia di un’efficace azione di Governo”. E nella ‘rentreè nel gotha dei Grandi – che lo vedrà anche il 28 e 29 ai suoi primi Eurogruppo e Ecofin – l’Italia potrebbe dare un contributo fondamentale: mediare tra Berlino e Parigi ancora lontane su temi cruciali come eurobond, revisione dei trattati e ruolo della Bce, sulle leve cioè della governance di Eurolandia che la Bce di Mario Draghi vuole più robusta. Con la Francia – a capo di una nutrita squadra di paesi – che punta a una Bce tipo l’americana Fed (che ‘battè moneta per comprare il debito pubblico Usa attraverso i titoli di stato) e la Germania che, più isolata, difende il ruolo anti-inflazione di Francoforte e ne respinge un rafforzamento. E vuole rimettere mano ai trattati in nome di bilanci e governance economica più stringenti, tornando a dire ‘nò, anche oggi, agli eurobond.
E proprio oggi è andato in scena il primo consiglio dei ministri del nuovo governo. Dal vertice è emersa la direttiva di fare in fretta le riforme per uscire dalla crisi. Il Presidente ha poi illustrato le modalità operative con le quali pervenire nei termini più brevi alla definizione di misure specifiche in attuazione del programma di Governo presentato al Parlamento. Infine sul tavolo sono stati squadernati i criteri da seguire per l’individuazione dei Vice Ministri e dei Sottosegretari. Disposta la proroga di stati d’emergenza già dichiarati nei territori della Regione Calabria e delle Province di Lucca e Massa-Carrara, nonché dello stato d’emergenza per assicurare la gestione degli interventi relativi all’afflusso di cittadini extracomunitari.
Ma soprattutto grande attenzione alle nuove strategie internazionali in particolare sul fronte Franco-Tedesco. Due blocchi contrapposti in cui l’Italia di Monti può inserirsi: favorevole agli eurobond (o agli stability bond, come sembra orientata la proposta che Barroso presenterà dopodomani) e contrario, da premier, a cambiare lo status quo della Bce. Mentre la crisi del debito che pesa sull’Europa è ancora a rischio domino – oggi dall’Fmi e dall’Ue è arrivata la conferma di una richiesta di aiuto dell’Ungheria – Monti dovrà anche, e forse soprattutto, convincere di essere capace di far uscire l’Italia dall’angolo, sottraendola anche alla speculazione. Tutti gli danno fiducia, con grandi aperture di credito.
Ma ora il Professore dovrà darne prova. Presentandosi a Bruxelles se non proprio con le riforme fatte, con risposte esaurienti a quelle domande e quei compiti che Ue e Bce non solo vogliono vedere ma su cui chiedono garanzie di applicazione. Le misure sono in cantiere. E puntano – ha anticipato Monti alle Camere – a riforme in equilibrio tra rigore e crescita, nel segno dell’equità: si parla di rimodulazione della tassazione tra Irpef-Iva e Imu (con ritorno dell’Ici, forse ‘ricalibratà, nella tassa municipale), di una riforma delle pensioni (che passi per l’equità più che per le fasce di età), di un intervento sul mercato del lavoro (più flessibilità e rivisitazione degli ammortizzatori), di una stretta della spesa pubblica (pure con l’addio alle province). Ma anche di liberalizzazioni e infrastrutture.
Una ‘road map’ che – tra qualche rischio di tenuta parlamentare – faccia ripartire il sistema Italia, contribuendo anche alla ripresa di un’Europa che “senza un’economia dinamica” rischia di essere travolta dal sistema globale, ha messo in guardia oggi il responsabile per l’economia Ue, Olli Rehn. Uno tsunami che minaccia non solo i paesi considerati fino a ieri più deboli, i Piigs’ (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna) ma anche i ‘big’. Come dimostra il segnale arrivato oggi da Moodys’ che ha messo in guardia Parigi sulla rischio di di veder sfumare la ‘Tripla A’.