“Ci sono ancora troppi repubblicani al Congresso che rifiutano di ascoltare la voce della ragione e del compromesso che arriva da chi non sta a Washington”. Non c’è voluto molto a Barack Obama, meno di un’ora, per rispondere all’annuncio della supercommissione anti-deficit, che non ha raggiunto un accordo sui tagli da 1200 miliardi di dollari alla spesa. Il presidente ha addebitato il fallimento della commissione all’ostinata volontà dei repubblicani del Congresso di non accettare la fine dei tagli alle tasse per i più ricchi. “Il mio è un approccio equilibrato – ha spiegato Obama – in cui ognuno dà un poco. Il mio progetto – tagli e tasse per chi ha di più – è appoggiato da una larghissima maggioranza di americani. Democratici, indipendenti e repubblicani.

L’annuncio della Commissione bipartisan, guidata dal repubblicano Jeb Hensarling e dalla democratica Patty Murray, aveva nel pomeriggio di ieri confermato quello che ormai da giorni tutti sapevano. E cioè che il muro contro muro tra repubblicani e democratici, sui modi di ridurre il deficit USA, continua a segnare la politica americana. I repubblicani sono assolutamente contrari ad alzare le tasse per i più ricchi. I democratici ribattono che senza le nuove tasse non verrà considerato alcun taglio alla spesa pubblica.

A questo punto, dopo il mancato accordo in Commissione, dovrebbero scattare tagli automatici alla spesa per la stessa cifra, 1200 miliardi di dollari. La riduzione di spesa interesserà praticamente tutti i settori più importanti della vita pubblica americana: anzitutto la spesa militare, ma anche quelle per la sanità e l’educazione. Obama ha detto che porrà il veto a “tutti quei tentativi di aggirare i tagli automatici alla spesa”. Anche se, ha ricordato, “i tagli entreranno in vigore nel 2013, e quindi il Congresso ha tutto il tempo per intervenire”.

Nonostante il tentativo di Obama di rassicurare i mercati – “Non siamo nella situazione della scorsa estate. Non c’è alcun pericolo di default imminente” – le indiscrezioni sul fallimento della trattativa in Commissione hanno affondato Wall Street, con l’indice Dow Jones che è sceso di 248,85 punti. Dopo l’annuncio, Standard & Poor’s e Moody’s hanno comunque confermato la loro valutazione del debito americano. Fitch ha invece spiegato che una considerazione del debito è ancora in corso. Lo scorso agosto l’agenzia aveva detto che un insuccesso della Commissione avrebbe condotto a un probabile declassamento.

Più che il giudizio delle agenzie, quello che pare preoccupare il mondo politico e finanziario americano è però soprattutto la prospettiva di una nuova recessione. I tagli massicci alla spesa, combinati con un aumento generalizzato delle tasse (il Congresso non è riuscito neppure ad accordarsi su un’estensione dei benefici fiscali sulle buste paga e sugli assegni di disoccupazione) dovrebbe portare a un restringimento dei consumi, e quindi a un periodo di ulteriore stop alla crescita.

Il fallito tentativo della Commissione ha occupato negli Stati Uniti tutti i principali programmi di informazione politica della sera. Oltre a Obama, hanno parlato gli sfidanti repubblicani alla presidenza. Per Rick Perry, “in fin dei conti, la responsabilità ultima dell’insuccesso è da addebitare al presidente”. Nel reciproco scambio di accuse, sembra però che sinora sia proprio Obama a uscirne vittorioso. Molti sondaggi mostrano che la maggioranza degli americani (il 72%, secondo un sondaggio Gallup di due settimane fa) crede che la responsabilità più pesante per il mancato accordo sia del Congresso degli Stati Uniti.

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