Ieri a Palermo con Giuseppe Pignatone (Procuratore a Reggio Calabria che ha seguito la maxi operazione che ha coinvolto 150 affiliati di ‘ndrangheta solo in Lombardia) e Piergiorgio Morosini (GIP del Tribunale di Palermo) abbiamo incontrato centinaia di studenti (e qualche migliaio in diretta video da tutta Italia) per l’annuale progetto di educazione alla legalità del Centro Studi Pio La Torre. A pochi giorni dalle condanne in primo grado del processo ‘Infinito‘ è stata l’occasione di provare a leggere gli elementi, i fatti egli arresti: farsene carico, com’è doveroso per una Regione che voglia uscire dal negazionismo e iniziare un percorso di alfabetizzazione e consapevolezza. “Abbiamo messo a disposizione il materiale per conoscere meglio il nostro Paese”, ha dichiarato il Procuratore di Reggio e ora sta a tutti leggerlo, studiarlo e, soprattutto al Nord, raccontarlo. Senza remore, senza eroismi, senza personalismi.
Perché la ‘ndrangheta che esce dalle indagini (e dalle condanne in primo grado) non è solo il più pericoloso fenomeno in Italia (e non solo) ma ha dimostrato di avere esportato al Nord oltre ai soldi la struttura e il controllo. Almeno 25 locali in Lombardia, con centinaia di affiliati coinvolti e la consapevolezza di un’organizzazione: a Paderno Dugnano (nel tristemente famoso incontro avvenuto nel Centro Falcone e Borsellino) sono state ratificate le decisioni prese in Calabria. Organizzazioni territoriali che partono da Reggio Calabria e sono clonate in Lombardia, in Piemonte, Toronto e a Melbourne. El resto non sono lontani i tempi in cui due locali con problemi di confini tra Svizzera e Germania si sono ritrovate a Rosarno per risolvere i loro problemi. In un’intercettazione qualcuno dice “qui se si sfascia l’organizzazione torniamo allo sgarro”, e allora il primo allarme è una consapevolezza internazionale che oggi l’Italia non ha nel senso di misura del fenomeno. Per questo è urgente ritrovare le chiavi di lettura per leggere (dietro queste ultime condanne) non solo l’aspetto più pittoresco e militare ma i punti di PIL persi in questi 30 anni (ne aveva parlato anche Mario Draghi scatenando feroci polemiche), la necessità di una serie legge anticorruzione, un nuovo dovere di ‘opportunita’ per la politica che non può permettersi di interloquire giustificandosi dicendo di non sapere, chiedere ostinatamente una norma anti riciclaggio per smutandare l’economia illegale e parlarne, parlarne ovunque, studiare subito.
Il problema non è solo economico o politico, la questione è vitale. Riguarda le vite di tutti: dei nostri figli che potrebbero avere dei concorrenti che vinceranno sempre perché lavorano per riciclare e non guadagnare, delle nostre città che si riempiono di case che sembra non interessi vendere, capannoni che cambiano gli orizzonti dalle nostre finestre costruiti per rimanere sfitti, ipermercati così vicini da non avere abbastanza clienti per sostenersi, pizzerie e bar nei centri delle nostre città che vengono acquistati e sontuosamente arredati senza avere bisogno di clienti: soldi che hanno bisogno di assumere in fretta una forma qualsiasi per non puzzare più di soldi.
Si invoca la magistratura, ma spesso la magistratura interviene sulle macerie, ha detto il GIP Morosini, il resto è cosa nostra.