A 3 anni esatti dalla morte di Vito Scafidi al liceo Darwin di Rivoli, Libera, Acmos e Benvenuti in Italia hanno organizzato un incontro per denunciare che "il primo stralcio di 358 milioni di euro del miliardo dei fondi Cipe per l’edilizia scolastica pare non essere arrivato ancora a destinazione". Il procuratore Guariniello: "Le norme ci sono e sono buone, ma sono difficili da applicare perché mancano i controlli"
Tutto fermo. I soldi per la sicurezza delle scuole sono bloccati. A tre anni esatti dal disastro del liceo Darwin di Rivoli (Torino), dove un controsoffitto crollò uccidendo lo studente Vito Scafidi, “il primo stralcio di 358 milioni di euro del miliardo dei fondi Cipe per l’edilizia scolastica pare non essere arrivato ancora a destinazione”, denuncia Legambiente. Lo fa in occasione di un incontro organizzato da Libera, Acmos e Benvenuti in Italia, “Scuole sicure: un obiettivo per salvaguardare il futuro”, tenuto proprio nel liceo Darwin. Lo scopo? Ricordare Scafidi, le 27 vittime decedute nella scuola elementare di San Giuliano di Puglia e i giovani della Casa dello Studente de L’Aquila, ma anche tenere alta l’attenzione sul tema.
“L’unico motivo per cui siamo qui questa mattina – ha affermato Cinzia Caggiano, madre del ragazzo – è cambiare le cose per altri ragazzi”. Tuttavia la situazione è ancora lontana dal cambiamento: “Sono 42mila gli edifici che hanno bisogno di interventi – ha affermato Vanessa Pallucchi, responsabile Legambiente Scuola e Formazione -. Molti edifici sono stati costruiti prima del 1974, cioè prima della legge antisismica, e tanti edifici che ospitano gli alunni sono in deroga, come lo era la scuola di San Giuliano. Vito è una vittima dell’incuria del nostro paese”. Non sembra essere un problema di leggi, quindi, ma di fondi e di controllo, come ha affermato il sostituto procuratore Raffaele Guariniello, che ha condotto l’indagine sul crollo e il processo con cui è stato condannato un funzionario della Provincia di Torino: “Le norme ci sono e sono buone, ma sono difficili da applicare perché mancano i controlli”. Quindi è una questione di decisioni delle amministrazioni: “C’è bisogno di risposte certe dalla politica, altrimenti noi società civile potremmo solo organizzare commemorazioni mentre vorremmo avere soluzioni”, ha dichiarato Davide Mattiello, presidente del think tank “Benvenuti in Italia”.
A tre anni dalla tragedia si torna quindi a parlare di sicurezza nelle scuole: “Non si riesce a uscire dall’emergenza – ha detto Pallucchi -. Gli enti locali, strozzati fra il patto di stabilità e il mancato trasferimento di fondi dallo Stato, non riescono più a stanziare sufficienti finanziamenti per la manutenzione delle scuole e il livello di qualità dei servizi scolastici, come mette in evidenza il nostro rapporto”. I lavori non sono stati avviati, stando alla delibera del Cipe del 3 agosto (pubblicata il 18 novembre). Per colpa dei ritardi nelle autorizzazioni e nella firma dei contratti non sono partiti gli interventi dei due programmi del piano straordinario per la sicurezza, il primo di un valore di 18 milioni di euro (“pari all’11 per cento dell’importo complessivo”) e il secondo da 91,2 milioni di euro (“30 per cento dell’importo complessivo”). Solo poche settimane fa il presidente dell’Associazione nazionale dei Comuni Graziano Delrio e il presidente dell’Unione delle Province Giuseppe Castiglione avevano scritto ai ministri Raffaele Fitto e Giulio Tremonti di “adottare le necessarie iniziative affinché, nei tempi utili e prima della chiusura del bilancio, sia completata l’assegnazione dei 358 milioni al ministero delle Infrastrutture” per “dar seguito agli interventi urgenti di messa in sicurezza degli edifici scolastici”. Eppure gli interventi erano stati decisi nella primavera del 2010. Il primo piano straordinario aveva assegnato 358 milioni di euro direttamente a Comuni e Province per mettere in sicurezza 1.706 istituti scolastici sull’intero territorio nazionale. Delle circa 1.600 convenzioni stipulate tra enti locali e governo “il Ministero delle Infrastrutture ha potuto approvare e impegnare risorse solo per 770 convenzioni, poiché la disponibilità di cassa di cui dispone non consente di dare seguito alle altre convenzioni”, segnalavano Delrio e Castiglio. Appello tardivo, caduto nel vuoto con il governo.