Quando si pensa al tipico francese, inutile negarlo, è difficile evitare l’accostamento al cliché dell’intellettuale. I libri prima di tutto, anche prima della baguette e dell’eau de parfum. Che a Parigi si legga molto, salta subito agli occhi: basta fare un giro sul metrò, nei bar o nei giardini pubblici per rendersene conto. E i numeri lo confermano: con i suoi 25mila punti vendita, la Francia – e Parigi – rappresenta una delle reti librarie più dense al mondo. Eppure la libreria parigina di quartiere, angusta, vissuta e popolata da bibliofili d’antan, ha il polso debole. Lo rivela un’inchiesta del settimanale Télérama, secondo cui gli affari dei librai indipendenti sarebbero scesi del 5,4% negli ultimi sette anni.
Secondo Olivier Michel, titolare dell’Humeur Vagabonde, una libreria indipendente non lontana dal Sacre Coeur di Montmartre, la vera causa della crisi delle librerie è l’impennata dei prezzi degli affitti: «Poichè il margine di guadagno per noi librai è già molto ridotto – il 32,7% contro il 44% di una profumeria, ndr, – non puoi far altro che chiudere».
Gilberte de Pencheville, proprietaria della libreria Vendredi a Pigalle, non accenna nemmeno a questo problema. Esule volontaria nella sua piccola casa di carta e di storie, un po’ rassegnata, Gilberte ripete solo «che le persone oramai passano troppo tempo davanti agli schermi». Ha ragione? Difficile dirlo. Certo è che il mercato degli e-book fa paura, se si pensa che negli Usa dovrebbe raggiungere il 20% entro Natale. Per Olivier non è ancora il momento di preoccuparsene, intimamente convinto della superiorità dell’oggetto-libro: come scrisse Umberto Eco, “il libro è come il cucchiaio, il martello o la ruota: una volta che li avete inventati, non potete fare di meglio”.
Il nemico più grande per le librerie non sembra essere il supporto, ma il tempo. Le case editrici sono obbligate a sfornare novità su novità – il numero è triplicato negli ultimi cinque anni – riducendo il “tempo del desiderio” del pubblico e fornendo un assist preziosissimo ai siti web: sento parlare di un libro in tv o alla radio e in due clic lo trovo e lo acquisto. Semplicissimo. Per Olivier neanche questa va considerata come una minaccia – nonostante le librerie on line abbiano conquistato l’11% del mercato in Francia – perché secondo lui Amazon&co se la giocano con le grandi superfici come Fnac e Carrefour sul terreno dei best-seller.
Internet, invece, spaventa molto di più i librai che si occupano dell’usato. Me lo confida Morena Negri, che, sbarcata a Parigi nove anni fa, ha aperto con il suo compagno Eric una piccola bouquinerie (libreria dell’usato) nel nord della città. L’odeur du book si trova proprio lungo l’arteria del libro usato – la linea del bus 85 – che collega il Quartiere Latino (quello delle librerie storiche di Parigi) al mercato delle pulci di Saint-Ouen: «Dovendo trattare con i privati – mi dice – sentiamo tanto la concorrenza del web, perché oggi sono sempre di più le persone che vendono i loro libri direttamente su internet». Una paura spesso giustificata, visto che, aggiunge Morena, «sono già tre o quattro le librerie storiche del quartiere ad aver chiuso i battenti».
Se potessimo lasciar perdere le cifre, come dice la saggia Gilberte, e «restare dalla parte dei libri», saremmo sicuri di non mettere in pericolo la professione stessa del libraio. È ciò di cui Olivier ha veramente paura. Lo sottolinea ricordandomi che in Francia venne introdotta una legge per aiutare i piccoli negozi di dischi a riaprire e che questa legge purtroppo fallì perché non c’era più nessuno che avesse le competenze necessarie per vendere dischi. Toccherà anche ai librai? A 30 anni esatti dalla legge Lang sul prezzo unico del libro, è necessario un altro rimedio per salvare la nostra libertà di scelta. Perché la cultura è Libertà.
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di Federico Iarlori
(Foto di Davide Riccardo Weber)
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