Stefano Fassina, responsabile Economia del Pd

Dimissioni. E’ quanto chiedono i Liberal del Pd al responsabile economico del partito, Stefano Fassina, colpevole – a sentire il gruppo guidato da Enzo Bianco – di aver espresso forti critiche alle richieste fatte dall’Ue all’Italia e quelle dell’altro ieri al commissario Olli Rehn. Critiche che però non avrebbero rappresentato tutte le anime interne al partito e, dato non di secondo piano, sarebbero state contrarie alla linea scelta dal segretario Pier Luigi Bersani.

“Le indicazioni per la crescita riproposte sono deprimenti sul piano intellettuale prima che economico”: così Fassina aveva commentato le affermazioni del commissario europeo Olli Rehn. “Dopo un trentennio dominato dalla flessibilità del lavoro e dalla moderazione salariale – aveva osservato il responsabile Economia dei democratici – le cause primarie della drammatica ed infinita crisi in cui siamo immersi, oggi il Commissario europeo agli affari economici insiste su maggiore flessibilità del lavoro e maggiore moderazione salariale. Se la Commissione Ue e la signora Merkel si ostinano ad imporre idee fallite, l’euro e l’Ue sono davvero a rischio. Speriamo che il Governo Monti riesca a far correggere la rotta in tempo”.

Un attacco durissimo, che ha fatto andare in bestia i Liberal, i quali hanno scritto una nota ufficiale a firma di Enzo Bianco, Ludina Barzini, Andrea Marcucci e Luigi De Sena. Inizialmente, a quanto riferiscono le principali agenzie di stampa, in calce alla missiva compariva anche il nome di Pietro Ichino ma poi l’adesione del giuslavorista è stata smentita. ”Le posizioni che Stefano Fassina ha assunto prima, durante e dopo la crisi del governo Berlusconi – si legge nella lettera dell’ufficio di presidenza dei Liberal – sono pienamente legittime in un partito in cui convivono sensibilità e storie diverse. Quello che non è comprensibile è che esse siano espresse dal Responsabile Economico del Pd, ed appaiano in netta dissonanza rispetto alle linee di responsabilità e di rigore assunte giustamente dal segretario Bersani”.

Nella motivazione del gruppo guidato da Enzo Bianco, poi, si delineano con maggiore precisione i contorni della spaccatura all’interno del Partito democratico. “Criticare aspramente la linea di rigore e sviluppo assunta prima dalla Banca d’Italia e poi dalla Bce – insiste la lettera -, bollare come liberiste posizioni ‘liberal’ come quella del senatore Ichino, prospettare soluzioni ispirate alle vecchie culture politiche del secolo passato, non è compatibile con il dovere di rappresentare il complesso delle posizioni assunte dal Pd”. Da questo dato di fatto, ecco la richiesta dei Libera a Stefano Fassina: “fare un passo indietro e di sostenere le sue idee liberamente, senza il vincolo della responsabilità politica che gli è stata affidata”.

Ricapitolando: dimissioni del responsabile dell’Economia perché con le sue idee non rappresenta né il Pd né tantomeno la linea del segretario. La cosa strana, però, è che quest’ultimo è sembrato cadere dalle nuvole appena appresa la mossa dei suoi colleghi di partito. “La richiesta dei ‘liberal’? Non l’ho proprio capita. Il Pd ha idee chiare sull’economia e sul lavoro e Fassina si rifà a documenti approvati dal partito” ha detto Pier Luigi Bersani, a testimonianza di un’uscita, quella del gruppo di Bianco & Co., non concordata neanche con quel segretario che si voleva difendere. Dello stesso parere anche l’ex ministro Cesare Damiano, che, dopo aver bollato come inopportuna l’uscita dei Liberal, ha respinto la loro richiesta, sottolineando come “Fassina sul lavoro sostiene la posizione definita dopo che il Pd ha discusso e approvato dei documenti”. Simile, ma molto più duro il parere di Barbara Pollastrini, che ha definito “davvero poco ‘liberal’ chiedere di tagliare la testa di chi la pensa in modo diverso”. Per l’esponente del Pd, “è in crisi il modello economico occidentale. Nessuno ha la verità in tasca. Stefano Fassina ha il merito di credere in quello che dice e di esprimersi con limpidezza e senza furberie. Peraltro – ha concluso la deputata -la posizione del Pd sull’economia non mi risulta decisa solo da Fassina. C’è stato un confronto che ha coinvolto una platea larga ed è in corso un percorso programmatico, coordinato dal nostro vicesegretario, Enrico Letta“.

Nel balletto di prese di posizioni, smentite e stroncature varie, un fattore appare chiaro: nel Pd una ‘questione Fassina’ esiste, eccome se esiste. Non ne ha fatto mistero Ignazio Marino. “In un partito non si chiedono le dimissioni di chi la pensa in maniera diversa, ma certamente dobbiamo affrontare un problema che esiste” ha detto il senatore, secondo cui “serve un chiarimento nella prossima direzione nazionale”. Il caso scatenante è stata la lettera della Bce all’Italia, rispetto alla quale – è stato il ragionamento di Marino – “il Pd non può accogliere nella direzione nazionale di luglio la nomina di Mario Draghi con scroscianti applausi e poi trasformarlo, in quella successivamente in una figura da criticare, solo perché dice il contrario di ciò che pensa un membro della segreteria. Quello che conta di quella lettera è il merito e ci sono delle questioni fondamentali”. Il senatore democratico, infine, ha espresso la sua posizione nel merito della questione lavoro, la stessa su cui sarebbe maturato lo strappo tra Liberal e Fassina: “Noi possiamo essere in disaccordo su alcuni punti, ma altre questioni sono ineludibili – ha detto Marino – come la flexsecurity, uno strumento che, non togliendo i diritti acquisiti, crei nuovi diritti per i 4 milioni di precari sul modello del contratto di lavoro unico a tempo indeterminato con reddito di disoccupazione e formazione continua. Io ho firmato nel 2009 il disegno di legge del senatore Pietro Ichino. Il partito ora deve dire cosa pensa con chiarezza quanto prima”.

E il diretto interessato? Stefano Fassina ha preferito rispondere sulla sua pagina Facebook, dove ha usato l’ironia per rispondere ai firmatari della lettera, definiti “cari amici” a cui “per Natale regalo loro un abbonamento al Financial Times così possono leggere il dibattito internazionale di politica economica e ritrovare le posizioni, aggiornate e non ideologiche, della cultura liberale”.

Lo scontro odierno tra i Liberal e Fassina (difeso a spada tratta dalla base del Pd sul Web), d’altronde, è solo l’ultimo capitolo di un rapporto non idilliaco, incrinatosi ancor più da quando il responsabile economico del partito ha partecipato alla manifestazione della Fiom. L’ennesima conferma cinque giorni fa, quando il diretto interessato ha commentato le indiscrezioni che iniziavano a circolare sulla richiesta di sue dimissioni da parte di alcune anime del partito. “Quando qualcuno mi chiederà ufficialmente di dimettermi, in sede politica, risponderò. Se qualcuno metterà la faccia intorno ai pettegolezzi affronteremo il problema, sempre che il quesito sulla mia permanenza del Pd venga posto in maniera esplicita”. Oggi quel qualcuno ha un nome, anzi più di uno: Bianco, Barzina, Marcucci, De Sena e Ichino (con o senza firma in calce alla nota ufficiale).

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