Il Comune di Viterbo rischia il crack economico. Prima della fine dell’anno, bisognerà trovare almeno 5 milioni di euro, che si aggiungono a un pesante passivo accumulato negli anni precedenti. Altrimenti, il dissesto è dietro l’angolo. A dirlo non è più soltanto l’opposizione. Molto preoccupato è anche il sindaco-deputato Giulio Marini (Pdl), costretto a dividersi tra Municipio e Parlamento, tre giorni alla Camera e due in Consiglio comunale (o il lunedì o il venerdì): “A causa dei tagli contenuti nella manovra di agosto, che ci ha drasticamente ridotto le entrate – spiega il primo cittadino viterbese – la situazione comincia a essere davvero molto delicata”. Timori condivisi dal resto della giunta comunale. Che, per un terzo dei suoi componenti, è imputata in un processo per malversazioni amministrative.
Il governatore del Lazio, Renata Polverini, ha già annunciato di essere disposta a venire in soccorso al sindaco Marini. Tre milioni di euro è la cifra che la Regione girerebbe al Comune. Ma potrebbero non essere sufficienti a impedire lo sforamento del patto di stabilità. Eventualità che in consiglio comunale tutti scongiurano. Ciò comporterebbe infatti un ulteriore taglio dei fondi che dovrebbero arrivare dallo Stato. “A quel punto il dissesto sarebbe quasi certo. Nel bilancio di quest’anno la giunta ha conteggiato entrate che poi non ci sono state e non ci saranno nemmeno l’anno prossimo”, dice allarmato Alvaro Ricci, vice capogruppo del Partito democratico in consiglio.
I problemi finanziari del Comune sono legati soprattutto alle società municipalizzate. Fino al 2008, la gestione delle aziende comunali non sembra essere stata propriamente esemplare. A Viterbo ormai tutti conoscono la vicenda del Cev, la ditta municipale che si occupa di rifiuti, illuminazione pubblica e servizi cimiteriali. Un pozzo senza fondo, secondo la Procura di Viterbo, che avrebbe arricchito imprenditori locali, dirigenti comunali e amministratori. Lo scorso 24 ottobre, le indagini della magistratura si sono chiuse e hanno portato al rinvio a giudizio di 34 persone. Le accuse sono molto pesanti: “Associazione per delinquere finalizzata all’abuso in atti d’ufficio, concussione, corruzione e turbativa d’asta, emissione e annotazione di fatture per operazioni inesistenti”, si legge nell’ordinanza della Procura. Tra gli imputati c’è anche l’allora sindaco Giancarlo Gabbianelli (iscritto al Pdl) e tre assessori: Giovanni Arena, Sandro Zucchi, Paolo Muroni. Quando nel 2008 Giulio Marini è stato eletto sindaco (al ballottaggio contro Ugo Sposetti, l’ex tesoriere dei Ds), il nuovo primo cittadino li ha riconfermati tutti e tre in giunta. “Perché mai dovremmo dimetterci?”, hanno risposto al sito di informazione locale Tusciaweb dopo il pronunciamento della magistratura viterbese. Giovanni Arena, addirittura, è stato promosso da Renata Polverini con l’incarico di sub commissario all’Arpa, l’ente regionale per l’ambiente. Per ora, ha conservato anche le deleghe da assessore comunale ai lavori pubblici, ma ha promesso di rassegnare le dimissioni a breve.
Insediatosi a Palazzo di Città, Marini si è dunque trovato le casse vuote e ha dovuto cominciare a stringere la cinghia. Il Cev, la Robur e la Francigena, le tre municipalizzate, che ogni anno portavano in dote al Municipio debiti milioni di euro, sono state messe in liquidazione. “Abbiamo fatto di tutto – assicura Marini – per evitare di mettere le mani nelle tasche dei viterbesi, provando a risanare il Comune senza aumentare le imposte comunali e abbattendo gli sprechi”. Non è d’accordo l’opposizione. Secondo Ricci, “ci sono ancora molti soldi da recuperare, altre aziende come la Savit e Tusciaexpò sono in perdita per centinaia di migliaia di euro e non si capisce a cosa servono. Stesso discorso per gli affitti comunali, dovrebbero portare nelle casse oltre 600mila euro e invece – continua – ne arrivano solo 120mila”. E poi c’è un altro problema: “Siamo sull’orlo del dissesto e non possiamo permetterci un sindaco a mezzo servizio”, dice il vice capogruppo del Pd.
Ma Marini al suo posto alla Camera ci tiene molto. Secondo l’associazione che monitora la produttività dei parlamentari, Openpolis, in Parlamento Marini ha preso parte al 97 per cento delle sedute. Presente, ma non troppo brillante in produttività. In Aula ha fatto un solo intervento e ha presentato, come primo firmatario, appena quattro disegni di legge. Di cui uno per eliminare il limite di rieleggibilità dei sindaci nei comuni al di sotto dei 5mila abitanti e un altro per il “riordinamento della banda musicale dell’Arma dei carabinieri”. In una delle sue otto interrogazioni parlamentari, invece, ha chiesto un intervento del ministro dell’Istruzione contro i docenti di una scuola superiore di Tarquinia, colpevoli di aver criticato in un documento i tagli della Gelmini. Forse sarebbe meglio gestire un solo incarico alla volta? “Che c’entra – risponde Marini – se mi dimettessi da deputato si non risolverebbero i problemi di natura economica di Viterbo, non è il mio stipendio da parlamentare a pesare sulle casse comunali”.