A scuola questa settimana è andato in scena l’ennesimo valzer dei precari. Alla faccia della continuità, in questi giorni alcuni dei miei alunni diversamente abili (e con loro centinaia di altri bambini certificati) hanno dovuto salutare la loro maestra perché nel bel mezzo dell’anno scolastico arrivano le graduatorie definitive.
A un cittadino che non è pratico del mestiere verrebbe da chiedere: non potevano farle prima? Bella domanda che dovremmo rivolgere all’ex Ministro alla Pubblica istruzione Mariastella Gelmini.
Mi scrive una collega: “Domani è il mio ultimo giorno su un posto di sostegno intero con due bambini che seguo dall’anno scorso e con i quali ho fatto un lavoro duro, ma che stava cominciando a dare i suoi frutti. L’ anno scorso erano due piccoli e io ero la loro insegnante di sostegno: ho fatto mille incontri con le équipe, ho cercato di instaurare un rapporto di fiducia con le mamme (una in particolare, data la gravità del caso, era già abbastanza delusa dalla vita) e quando finalmente avevo trovato con loro una fiducia assoluta, ecco che le graduatorie definitive mi sbattono via come se tutto questo non contasse nulla. Da martedì i miei due bambini dovranno vedere tutti i giorni una maestra mai vista, che ha più diritto, sulla carta, di me a stare con loro. I sacrifici fatti fino a oggi non valgono nulla e i miei due bambini devono arrangiarsi e tanti saluti…”.
E come spiegherò io ai ragazzi diversamente abili che ho in classe dove è andata a finire la collega che per tutto l’anno si è dedicata a loro? A domino, i Centri di neuropsichiatria di tutt’Italia che seguono i ragazzi certificati dovranno riprendere il lavoro fatto con queste nuove persone. E’ chiaro che la macchina così non funziona. Questi ragazzi diversamente abili hanno un diritto sacrosanto: insegnanti specializzati dal primo all’ultimo giorno di scuola per un tempo adeguato. E invece si devono accontentare di vedere più maestri, spesso non specializzati, per poche ore.