Il voto è stato vincolato a una nuova risoluzione, approvata da tutti i gruppi, che impegna il nuovo governo a rimodulare e contenere la spesa militare
“Purtroppo quelle spese sono state indicate come necessarie dai contingenti impegnati sui fronti di guerra come l’Afghanistan. Non assegnarli significava esporre le truppe a rischi enormi”, spiega il capogruppo Augusto Di Stanislao che porta a casa una mezza speranza. Il voto è stato infatti vincolato a una sua risoluzione, approvata da tutti i gruppi, che impegna il nuovo governo a rimodulare e contenere la spesa militare. Anche perché all’ordine del giorno in commissione era calendarizzato l’acquisto di mezzi di terra ma i programmi d’acquisto sono 71 e preludono a una nuova escalation della spesa militare che già nel 2010 è cresciuta dell’8,4% superando quota 20.5 miliardi (1,2% del Pil).
“Abbiamo vinto la prima vera battaglia nella guerra alle folli spese militari”, esulta Di Stanislao. “La Commissione ha recepito e votato la mia proposta di parere, con la quale chiedevo che ciascun programma d’arma fosse approvato a condizione che si rivaluti completamente il quadro delle spese militari, ridimensionando i programmi di acquisto in essere, si attivi un virtuoso investimento in termini di riqualificazione, addestramento e formazione del personale del comparto e che si avvii un percorso che punti a finanziamenti selettivi attraverso i quali si definiscano le priorità e le reali necessità del comparto”, spiega Di Stanislao che aggiunge: “Investire minori risorse e meglio mirate al fine di portare l’Italia in linea con gli altri Paesi europei e non solo. Oggi l’iter dei Programmi d’acquisizione dei sistemi d’arma diventa nel concreto quasi una semplice presa d’atto da parte del Parlamento e delle commissioni, occorre invece avviare un ampio dibattito in materia e avere maggiore controllo e trasparenza”. Non manca una stoccata all’ex ministro Ignazio La Russa: “Abbiamo passato anni a ratificare acquisti che sembravano dettati più che dalla necessità dalla smania di fare shopping a beneficio dell’industria nazionale che oggi fa intravvedere ampie e preoccupanti crepe in fatto di trasparenza e intrecci sospetti con ampi settori della politica per non dire altro. L’auspicio che esce dalla commissione è anche un vincolo che impegna il nuovo governo a cambiare strada”.