L’apostrofo. Uno dei primi tranelli alle elementari, ora rischia di diventare il peggior nemico nei palazzi del potere. Dopo la polemica sul Corriere della Sera tra Gian Antonio Stella e la deputata del Pdl Michaela Biancofiore, finita in confusione sul “po’” e il “n’è”, tocca a Stefano Boeri rischiare di fare la figura del somaro.
Uno, per di più, che di cultura se ne intende, visto che a Milano ne ha la delega come assessore, è architetto di fama internazionale e ha diretto le riviste Domus e Abitare. Solo che ieri sul suo profilo Facebook, in polemica con un’iniziativa che coinvolge CasaPound nella sede della Provincia di Milano, ha scritto: “Non lasciamo cadere nell’indifferenza il fatto che un’ente locale -ripeto, un’ente locale!- dia spazio, a Milano oggi, a chi predica il razzismo e l’antisemitismo”. Messaggio condivisibile. Peccato che l’assessore alla Cultura abbia ripetuto per ben due volte “un’ente”. Con l’apostrofo.
La Biancofiore (60/60 alla maturità, sostiene) s’è difesa dicendo che lei, in italiano, ha avuto come insegnante un’allieva di Ungaretti. E che a fare confusione tra apostrofi e accenti sono stati l’iPad, i correttori automatici e un po’ di pigrizia (“chiunque usi un computer sa che si trovano le lettere già accentate e che per mettere l’accento di lato devi fare tre mosse con la mano molto poco pratiche quando si scrive in velocità”). Chissà se anche Boeri si giocherà la carta del poco tempo a disposizione. Per la serie: “Con tutti gli impegni che ho, la mia pagina su Facebook mica la gestisco io”.