Il candidato socialista alle presidenziali Francois Hollande

La corsa di François Hollande, candidato socialista alle presidenziali francesi dell’anno prossimo, sembrava inarrestabile. E la curva discendente di Nicolas Sarkozy, da mesi e mesi bassissimo nei sondaggi, inesorabile. E invece una bagarre sul nucleare all’interno della sinistra, fra socialisti e verdi in particolare, sta provocando un notevole scompiglio. Hollande potrebbe risentirne. Così come le sue possibilità di vittoria.

Il nucleare si annuncia ormai, nel dopo Fukushima, uno dei dossier caldi della campagna. Anche per il Partito socialista, la prima forza dell’opposizione, e per l’alleanza Europe Ecologie-Les Verts (Eelv), la seconda più forte, senza l’appoggio della quale Hollande non può vincere. I verdi hanno scelto come candidata Eva Joly, famosa per essere stata alla fine degli anni Novanta, in qualità di giudice, all’origine di un’offensiva contro la corruzione, ricordata a Parigi come “mani pulite à la française”. Al secondo turno, se i sostenitori della Joly non voteranno per il candidato socialista (in lizza probabilmente contro Sarkozy), è difficile che Hollande possa vincere.

Il punto di maggiore frizione fra i due partiti è rappresentato proprio dal nucleare. Era un argomento tabù fino al dramma giapponese, in un Paese che rappresenta una delle potenze dell’atomo civile a livello mondiale. Poi il destino dell’industria nucleare è piombato con rapidità e sorprendentemente nel dibattito politico. Anche i socialisti hanno iniziato (una vera première) a manifestare un certo scetticismo nei confronti dello sviluppo di quest’energia, senza comunque arrivare alle posizioni molto più dure (storicamente) dei verdi. Ma alla fine fra i due partiti, nei giorni scorsi, si era giunti a un accordo di principio. Questo comprende l’obiettivo di ridurre dal 75% attuale al 50% entro il 2025 l’origine nucleare dell’elettricità consumata in Francia e nel frattempo la chiusura di ben 24 reattori. Ps e Eelv, invece, non avevano raggiunto un’intesa sulla possibilità di bloccare il progetto dell’Epr: i verdi sarebbero favorevoli, i socialisti no. L’Epr è il reattore di ultima generazione, sul quale Areva e Edf, i due colossi (pubblici) nucleari francesi, stanno puntando tutte le loro carte (Sarkozy aveva provato anche a venderlo all’ex amico Berlusconi). La questione dell’Epr era stata così eliminata dall’accordo: in un certo senso accantonata.

L’alleanza Ps-Eelv, insomma, sembrava salva e rinsaldata. Da due giorni, invece, lo scompiglio. In un’intervista al quotidiano Le Monde, la Joly se l’è presa con il Ps “per aver ceduto alle lobby del nucleare”. Ha anche definito i socialisti “marionette del nucleare”. La donna, 67 anni, è nota per essere diretta, a tratti brusca, senza tanti peli sulla lingua: pura e cruda. Ieri alla radio Rtl è andata oltre. Alla domanda se avrebbe chiamato i suoi sostenitori a votare per Hollande al secondo turno delle presidenziali, la Joly si è rifiutata di rispondere. Subito dopo il suo portavoce, Yannick Jadot, esponente di spicco dei verdi francesi, si è dimesso via twitter. Altri politici di Eelv hanno preso le distanze dalla candidata alle presidenziali, anche Daniel Cohn-Bendit, che pure fu il suo sponsor per l’ingresso in politica alle elezioni europee del 2009: “E’ normale che voglia marcare la differenza tra i verdi e i socialisti – ha sottolineato il mitico leader del ’68 parigino – ma bisogna fare la differenza tra i concorrenti e gli avversari, che sono e restano la destra e l’estrema destra”.

La stessa Joly, capito l’andazzo, è intervenuta più tardi su twitter, assicurando che, sì, voterebbe per Hollande al secondo turno. Troppo tardi, però: la frittata è fatta. E la tensione fra i socialisti e la donna rimane. Come fra lei e una parte degli esponenti del suo partito, difensori indefessi dell’alleanza con i socialisti. “C’è un divario fra la nostra candidata, che proviene dalla società civile, e un partito che si è professionalizzato sempre più”, ha commentato Patrick Farbiaz, membro dello staff della Joly. Detto in maniera diversa: c’è chi fra i verdi si sta preparando a diventare ministro in un eventuale governo di sinistra, se Hollande vincerà davvero. E, quindi, è anche pronto a qualche compromesso. Certo, se la sinistra vuole vincere contro Sarkozy, quella sembra essere una strada obbligata. Alle elezioni precedenti, nel 2007, la candidata dei socialisti, Ségolène Royal, era rimasta a lungo la favorita. Ma proprio l’eccessiva litigiosità all’interno del suo partito e della sinistra in generale ne avevano poi compromesso il successo, a favore di Sarkozy. Al tempo stesso va detto che le critiche della Joly non sono così campate in aria. Alla guida di Areva, per un decennio e fino a pochi mesi fa, è rimasta Anne Lauvergeon, manager in area socialista. E il partito non ha mai praticamente messo in discussione l’atomo, almeno fino a Fukushima.

Intanto Sarkozy non sta a guardare. Già il suo ruolo nell’attuale crisi dell’euro gli sta consentendo una rimonta nei sondaggi d’opinione interni alla Francia. Ma poi il Presidente si sta posizionando sul fronte nuclearista, cercando di attirare quella parte dell’opinione pubblica, probabilmente maggioritaria, che in Francia resta fedele all’atomo. Nei giorni scorsi ha criticato chi vuole farla finita con il nucleare, “perché non credono al progresso”. E aggiungendo che “ci sono centinaia di migliaia di posti di lavoro in gioco”.

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