Via libera di Bruxelles ai body scanner negli aeroporti europei. O meglio ai “security scanner”. Sì, perché da oggi si chiamano così le apparecchiature che “scannerizzano” ai gate degli aeroporti l’intero corpo umano dei passeggeri per individuare eventuali oggetti pericolosi nascosti, e all’improvviso fanno quasi meno paura. La decisione della Commissione europea arriva dopo anni di acceso dibattito sugli effetti sulla salute, la privacy e l’effettiva utilità di questa tanto discussa tecnologia.
Tutto è iniziato il 25 dicembre 2009, quando un giovane nigeriano aspirante terrorista ha cercato di farsi esplodere su un volo di linea Amsterdam – Detroit. Subito in Europa è scoppiato il caso di come aumentare la “precaria” sicurezza dei nostri voli. Il tormentone dei body scanner ha quindi animato sia Bruxelles che i singoli Paesi membri. I governi più preoccupati della sicurezza sono subito corsi ai ripari acquistando alcune apparecchiature dagli Stati Uniti, patria della security. Tra questi Gran Bretagna, Olanda e Italia. L’allora ministro degli Esteri, Franco Frattini, aveva dichiarato che “si tratta dello strumento più sicuro” per garantire “il diritto alla sicurezza, precondizione di tutte le libertà”. Alcune apparecchiature sono quindi state installate tra gli applausi negli aeroporti di Fiumicino, Malpensa e Venezia, per poi rivelarsi un vero flop in termini di efficacia e praticità.
Ma a Bruxelles la procedura legislativa, per una decisione comunitaria, ormai era stata innescata ed è proseguita con alti e bassi d’entusiasmo soprattutto in sede di Parlamento europeo. Gli eurodeputati hanno espresso a più riprese i loro dubbi soprattutto per la privacy dei passeggeri sottoposti a “scannerizzazione” e ai supposti effetti sulla salute dovuto all’impiego di raggi X (oggi scartato dalla Commissione). Un bel passo in avanti verso l’approvazione di questi scanner è stato fatto in commissione trasporti lo scorso maggio, all’indomani delle minacce internazionali di vendetta fatte da al-Qaeda per l’uccisione di Osama Bin Laden in Pakistan. Coincidenza? Forse, sta di fatto che il rapporto dello spagnolo Luis de Grandes Pascual è stato approvato, preludio inevitabile all’ok finale della Commissione europea di questi giorni.
Siim Kallas, commissario Ue ai Trasporti, ha dichiarato: “Anche se i body scanner non sono una panacea, offrono in ogni caso una possibilità concreta per rafforzare la sicurezza dei passeggeri”. E poi ancora, “i body scanner rappresentano un’alternativa valida ai metodi di controllo attuali e sono estremamente efficienti nel rilevare sia gli oggetti metallici che quelli non metallici”. Sarà vero? Sta di fatto che il parlamento europeo nel marzo del 2010 ne ha messi all’asta sei, comprati nel 2005 sull’onda della paura scatenata dall’attacco alle torri gemelle quattro anni prima, perché non erano mai stati utilizzati.
Oggi, con la decisione di Bruxelles, spetterà a ciascun Stato e a ciascun aeroporto decidere se avvalersi o meno dei body scanner, o meglio dei “security scanner”, ma dovranno farlo secondo le nuove disposizioni europee. Questi standard cercano di garantire sia la libertà nazionale di utilizzarli che la salute e i diritti fondamentali dei passeggeri. Come? Via libera ai body scanner, ma i passeggeri potranno rifiutarsi di sottoporvisi optando per i vecchi metodi di controllo, ovvero metal detector e controllo manuale da parte degli addetti alla sicurezza. La domanda sorge allora spontanea: a cosa servono queste apparecchiature se non sono obbligatorie? Chissà, una sola resta la certezza: il loro alto costo. Si stima infatti che il prezzo di ogni congegno si aggira infatti sui 115mila euro, una cifra proibitiva soprattutto per i piccoli aeroporti. Ma poco importa. La decisione della Commissione europea accontenta proprio tutti: le aziende che vendono queste costose apparecchiature, i Paesi che se ne vogliono dotare al prezzo di ingenti appalti pubblici e i cittadini che non vogliono utilizzarli per privacy o motivi di salute.