La tensione non si placa a Piazza Tahrir, dove da venerdì è in corso una manifestazione di protesta contro il Consiglio supremo delle Forze Armate. Un gruppo di blogger e videomaker italiani, armati solo di telecamera e macchina fotografica, è andato al Cairo per documentare quanto stava avvenendo, ma il loro viaggio è durato solo due giorni. Ieri sono stati fermati dalla polizia egiziana con l’accusa di sabotaggio e rilasciati dopo un giorno per “insufficienza di prove”. A riferirlo è il fratello di uno degli arrestati, contattato telefonicamente dalla redazione de ilfattoquotidiano.it: “Era l’una di notte quando mio fratello e altre tre persone, che erano insieme a lui hanno notato un incendio. Si sono avvicinati per riprenderlo con la telecamera, pensando che stesse bruciando un edificio, invece erano delle palme”.
Secondo la stampa locale, i quattro sono stati fermati proprio per l’incendio di un palmeto di fronte a un hotel della capitale egiziana: i mediattivisti, in totale due ragazzi e due ragazze (di cui una palestinese) “sono stati avvicinati da alcune persone in borghese che gli hanno chiesto chi fossero e perché stessero facendo fotografie”. Il clima di diffidenza verso gli stranieri che hanno l’aria di essere attivisti è elevato nel paese: proprio questa mattina infatti sono rientrati negli Stati Uniti tre studenti americani (ventenni) arrestati martedì in piazza Tahrir dalle autorità del Cairo, con l’accusa di aver lanciato molotov contro il ministero degli Interni durante le manifestazioni di protesta. L’Egitto si appresta ad entrare in un tunnel elettorale destinato a durare mesi. Le due camere, sciolte non appena caduto Mubarak a febbraio, saranno pronte per l’insediamento non prima di metà marzo.
“I quattro sono saliti su un taxi – prosegue il fratello di uno dei ragazzi arrestati – ma poco dopo sono stati fermati dalle stesse persone che avevano incontrato nei pressi dell’incendio e che li hanno accusati dell’accaduto”. Il gruppo di italiani è riuscito a capire cosa stava avvenendo solo grazie alla ragazza palestinese che traduceva la lingua: il tassista ha portato i quattro e i testimoni al commissariato. L’ultimo contatto telefonico con i mediattivisti italiani risale a ieri mattina. Dopo aver trovato un traduttore, i ragazzi fermati erano stati portati, nel tardo pomeriggio, davanti al giudice: “Il consolato è ottimista e anche mio fratello, perché è consapevole di non essere colpevole”, aveva detto il familiare dall’Italia. Oggi la vicenda si chiude con il rilascio dei quattro fermati, perché “la polizia non è stata in grado di identificare con precisione il responsabile dell’incidente”.