Il Pd ha provato a parlare a quel mondo produttivo che da sempre si rivolge alla Lega. Mentre sul governo: "Non esiste una maggioranza e noi andiamo dal premier solo quando Monti chiama"
Dalla Lega al Pd. La Villa Reale di Monza passa di mano. Il luogo simbolo del decentramento dei ministeri oggi ha ospitato la conferenza nazionale per il lavoro autonomo e la micro e piccola impresa organizzata dal partito di Bersani. Cambiano le bandiere, ma gli interlocutori rimangono gli stessi. Con la grande convention, il Pd ha provato infatti a parlare a quel mondo produttivo che da sempre si rivolge alla Lega. Lo ha fatto mettendo in campo un linguaggio nuovo, cercando di interpretare il sentimento e le esigenze di quella parte del paese che, soprattutto con questa crisi, continua a lamentare un difetto di rappresentanza politica.
E i temi sul tavolo della discussione sono molto cari a Pierluigi Bersani, che ha nel Dna l’attenzione al mondo delle imprese, essendo stato prima Ministro dell’industria e poi dello sviluppo economico, in apertura del suo intervento ammette anche una certa distanza con le piccole imprese e pronuncia un mea culpa: “Abbiamo capito la lezione, non faremo più la parte dei maestri e cercheremo di essere più pragmatici”. Poi entra nel dettaglio, parla della necessità di sostenere alcune misure di sviluppo, come quella delle detrazioni fiscali, che hanno dimostrato di essere un motore fondamentale per la crescita economica. E proprio affrontando questo tema ha ribadito l’importanza della franchezza, della chiarezza: “Bisogna creare fiducia nei cittadini dicendo la verità, perché le balle si pagano, il prossimo giro niente demagogia. Mai più sbruffoni demagogici, altrimenti meglio cambiare lavoro”. Sul governo Monti dimostra fiducia e chiede pazienza, poi ironizza: “Leggo di gente che dice che ora bisogna fare presto. Gente che non dà a Monti neanche una settimana di tempo, quando gli ultimi tre anni li ha passati in un sonno totale e non ha messo mai la sveglia. È vero, bisogna fare presto ma, consentitemi uno sfoghino, lasciatecelo dire a noi che è da tre anni che diciamo che stiamo andando nei guai, mentre il governo Berlusconi negli ultimi otto mesi non aveva fatto nulla. Ora, si è voltato pagina e ognuno si prende la sua quota di responsabilità. Noi la nostra ce la prendiamo. Quindi, sì occorre fare presto ma consentendo ragionevolezza e tempi necessari per predisporre la manovra”.
Prima di lui, in mattinata ha parlato Stefano Fassina, responsabile economico del Pd, che superate le divergenze interne ha cercato di affrontare il tema della giornata: “Oggi le condizioni del lavoro autonomo e della micro impresa sono difficili – ha detto nel suo discorso introduttivo -. Non c’è dubbio che siamo in una fase di straordinari cambiamenti. Il termine “crisi” è sempre meno utile a fotografare il passaggio in corso. Siamo in realtà in una grande transizione, una navigazione in mare aperto, ma la rotta è incerta. L’euro e l’Unione europea sono a rischio a causa delle ampie asimmetrie di competitività delle aree legate alla moneta unica”. Ma il passaggio chiave del discorso di Fassina è sulla ipotetica manovra correttiva: “Si continua a far finta che si possa avere una qualche speranza di crescita grazie alla pozione magica delle riforme strutturali, con qualsivoglia portata di abbattimento del deficit. Non è così. E questo perché sottrarre nel giro di un paio d’anni 3 o 4 punti di Pil di risorse all’economia reale, rende inevitabile una lunga e pesante contrazione. Allora valutiamo bene ulteriori manovre correttive. Le condizioni della nostra finanza pubblica sono solide. Abbiamo problemi di liquidità, non di solvibilità. Il nostro debito pubblico è solvibile. Abbiamo fatto manovre che, in un quadro di tenuta dell’economia, dovrebbero portare al pareggio di bilancio nel 2013 e ad un avanzo strutturale al 6% del Pil dal 2014. Sono le condizioni di gran lunga migliori nell’Unione Europea. Una manovra aggiuntiva per tentare di compensare gli effetti sulla finanza pubblica della recessione in corso aggraverebbe il circolo vizioso in atto”.
Una posizione netta che tende la mano alla platea di piccoli imprenditori, tutti convinti nel sostenere i punti cardine del documento prodotto dal Pd, che punta a mettere mano all’intero sistema paese, dalla pubblica amministrazione al fisco, dalla legalità alle imprese, dall’energia alla cooperazione. “L’importante – come ha detto un imprenditore intervenuto alla tavola rotonda – è che non faccia la fine del patto con gli italiani di Berlusconi”.