Hugh Grant è diventato l’eroe della privacy, guidando la rivolta dei vip contro la stampa-monnezza. Con ragione: i tabloid inglesi sono molto, troppo, disinvolti. Per non dire criminali: lo spionaggio era, e probabilmente è, un’abitudine piuttosto praticata.
In alcuni casi con comportamenti vomitevoli come controllare il cellulare di Milly Dowler, una ragazzina rapita e assassinata. Un detective in forze al fu News of the World cancellò alcuni messaggi spediti dai genitori alla figlia, facendo pensare a mamma e papà che la piccola fosse ancora in vita. Rupert Murdoch uscirà a pezzi da questa storia autenticamente scandalosa: e ben sta a lui e ai suoi discepoli senza scrupoli come la rossa Rebecca Brooks.
Il protagonista di Notting Hill spiega di essersi insospettito a causa di coincidenze piuttosto strane: perché, chiede, se un personaggio famoso chiama la polizia per denunciare un furto, il primo a suonare alla porta è un giornalista? Segno di un sistema distorto di rapporti tra stampa e inquirenti. “Voglio che la commissione Leveson (che indaga sullo scandalo intercettazioni, ndr) chiarisca che relazioni esistono tra i giornali e la polizia”.
Hugh Grant non è solo: al cahier de doléances si aggiungono le voci di Sienna Miller, dell’ex capo della Formula Uno Max Mosley (quello del nazi-sexy party) e della scrittrice J. K. Rowling. La “mamma” di Harry Potter ha raccontato ai giudici dell’Alta Corte di Londra che da quando nel ‘97 divenne famosa con l’uscita del primo romanzo della saga, la sua vita si è trasformata in un incubo. Per una ex ragazza madre disoccupata dev’essere stato uno choc: un giornale ha addirittura pubblicato le foto della sua casa rendendola riconoscibile. Ciao ciao quiete domestica.
Il controllo delle notizie è il tema centrale di quest’epoca, in cui le informazioni girano alla velocità della luce grazie anche a tecnologie che si aggiornano in continuazione. Televisione, Internet e giornali lavorano sul filo, nello spinoso equilibrio tra diritto a conoscere dei cittadini e rispetto per l’esistenza delle persone. L’abbiamo già detto: i personaggi pubblici hanno una privacy diminuita. È un compromesso difficile: chi sceglie di avere un ruolo oltre l’anonimato ha una vita complicata.
Però sbaglia Hugh Grant quando dice che i personaggi noti non hanno bisogno di essere sulle copertine: “Raramente il successo di un film dipende da quanto spazio hanno i suoi interpreti sui giornali”. Questo no: altrimenti non si spiega perché le caselle postali dei giornalisti sono intasate dalle sollecitazioni degli uffici stampa. E le presentazioni di dischi, film o libri sono rese “appetibili” da cadeau di ogni genere. Non si spiegano le mille chiamate di recall per questo o quell’evento, le interviste organizzate, appunto, per le promozioni.
Si può chiedere di non essere violentati nella propria sfera personale – specie con pratiche illegali e sciacallesche – senza negare una solare verità: la notorietà ha bisogno di essere nutrita, il rischio dell’oblio esiste. Eccome. Il citatissimo Oscar Wilde, nel Ritratto di Dorian Gray, illustra così la regoletta della fama: “C’è una sola cosa peggiore al mondo che far parlare di sé ed è non far parlare di sé”.
Il Fatto Quotidiano, 27 novembre 2011