Imponente spiegamento di forze dell'ordine, contromanifestazione antifascista e ronde di ultras a caccia del nero: il capoluogo partenopeo mobilitato per il raduno dell'estrema destra. Tutto è filato liscio: il 'leader' Iannone parla di vittoria, ma gli unici a sfilare sono i rossi
De Magistris l’aveva detto nei giorni scorsi: a Napoli, città medaglia d’oro per la Resistenza, non ci sarebbero stati cortei nazifascisti. E così è stato. I militanti di Casapound, arrivati da tutta Italia, ma anche da Germania, Irlanda e Francia per manifestare contro il signoraggio e il governo delle banche, si sono dovuti accontentare di tre giri intorno ai giardini di Piazza Carlo III, bloccati su tutti i lati da un imponente schieramento di forze dell’ordine.
Di fronte alle direttive del questore Luigi Merolla, che dopo giorni di polemiche aveva autorizzato solo un presidio in piazza, non c’è stato nulla da fare: gli oltre mille giovani dell’ultradestra radunati a Napoli non hanno neanche potuto sfilare simbolicamente per un isolato, come hanno più volte chiesto. Troppo alto il rischio di scontri, e non solo da parte di Casapound. Perché se è vero che la sera prima le forze dell’ordine avevano sequestrato nella sede napoletana dell’associazione piedi di sedie e petardi, che in mattinata in un furgone fermato erano state trovate mazze, fili elettrici e altri oggetti atti a offendere, e che poche ore prima della manifestazione la polizia municipale aveva sequestrato 700 sampietrini divelti e nascosti dietro ad alberi e cespugli, ieri il rischio era soprattutto che fossero i neofascisti a ritrovarsi vittime di aggressioni.
Non tanto e non solo da parte della rete antifascista, tenuta a debita distanza dalle forze dell’ordine, quanto dai gruppi di ultras partenopei, che per qualche ora hanno organizzato vere e proprie ronde a caccia degli odiati nemici di curva arrivati in città da tutta Italia. Meglio per tutti, allora, se il presidio è rimasto tale, sorvegliato dalle forze dell’ordine. E poco male se i militanti di estrema destra hanno potuto girare solo in tondo sventolando bandiere e accendendo qualche fumogeno. Del resto, per Gianluca Iannone, leader nazionale del movimento, quella di ieri è stata comunque una vittoria: “Abbiamo dimostrato la differenza tra la civiltà e la barbarie, abbiamo dimostrato di essere un’Italia diversa. Siamo venuti qui per rispondere agli attacchi infami rivolti a Casapound Italia Napoli dal sindaco, ma anche dalle forze dell’ordine, per dimostrare che quando qualcuno tocca la nostra comunità noi ci siamo e rispondiamo con forza a chi, come De Magistris, si permette di arrogarsi il diritto di decidere chi può parlare e chi no”.
Poi, dopo qualche passaggio sul “colpo di Stato avvenuto in Italia con il governo tecnico”, su Monti, definito volpe a guardia del pollaio, e un inno italiano cantato a squarciagola, Iannone ha sciolto il presidio, invitando i militanti a tornare sui bus. Erano le 18, e dall’altra parte di via Foria, a poco più di un chilometro di distanza, la rete antifascista continuava a sfidare il divieto del questore restando in presidio in una piazza diversa da quella inizialmente concessa, pronta a sfondare il cordone se Casapound avesse fatto lo stesso. Anche qui, comunque, la situazione è rimasta a lungo tranquilla, se si escludono due petardi lanciati contro la polizia in assetto antisommossa. Pochi attimi di tensione, che comunque non hanno rovinato un pomeriggio passato tra canti, balli, partitelle di calcio improvvisate in strada e, soprattutto, decine di sfottò a Casapound. Con l’ultimo affronto finale: un corteo simbolico di qualche centinaio di metri fino al museo nazionale. Per ribadire ancora una volta che a Napoli, città Medaglia d’oro al valore militare per la guerra di liberazione, i fascisti del terzo millennio sono gli unici che non possono sfilare.