Nell'ambito della Conferenza sul Clima di Durban, l'ong inglese lancia l'allarme: gli eventi climatici estremi sono sempre più frequenti e ridurranno alla fame una fetta sempre più consistente della popolazione. Non solo nel Sud del Mondo
Secondo il dossier dell’organizzazione britannica, che ha monitorato l’evolversi della situazione nel biennio 2010-2011, gli eventi climatici estremi sono sempre più frequenti. Con effetti spesso devastanti sui raccolti, che vanno dall’erosione delle scorte alimentati alla destabilizzazione dei mercati provocando un’impennata dei prezzi tali da ridurre alla fame un numero sempre più elevato di persone. Soprattutto nei paesi meno sviluppati, alle prese con indici di povertà preoccupanti e per questo meno in grado di sostenere le popolazioni colpite.
L’anno che si sta per chiudere ha visto solo in Africa, del resto, almeno 13 milioni di persone colpite dai devastanti effetti dell’ondata di siccità che ha investito diverse regioni del Corno d’Africa, alcune delle quali, secondo le Nazioni unite, hanno dovuto far fronte a una vera e propria carestia.
Cambiano le latitudini ma l’emergenza resta: la siccità e gli incendi causati dall’ondata di calore straordinaria che ha colpito Russia e Ucraina, per esempio, ha falcidiato buona parte del raccolto del 2010, provocando un rialzo dei prezzi globali del grano tra il 60 e l’80 per cento in appena tre mesi. Un’emergenza sempre più frequente se si considerano le intense piogge monsoniche e i numerosi tifoni nel Sudest asiatico che hanno ucciso più di 1.100 persone e contribuito a far aumentare i prezzi del riso del 25 per cento in Thailandia e del 30 in Vietnam nel giro di un anno. Anche in Paesi come l’Afghanistan la siccità ha prodotto un allarmante rialzo dei prezzi del grano e della farina di grano, saliti lo scorso luglio del 79 per cento rispetto al 2010.
“Dal Corno d’Africa al Sudest asiatico, dalla Russia all’Afghanistan, un anno di inondazioni, siccità e caldo estremo ha contribuito a diffondere fame e povertà”, ha dichiarato Kelly Dent, portavoce di Oxfam. “Lo scenario può soltanto peggiorare perché i cambiamenti climatici si intensificano e gli agricoltori devono fare i conti con le alte temperature”. Motivo per il quale l’organizzazione britannica chiede con urgenza che i governi riuniti a Durban si muovano in fretta e in maniera coordinata “per salvaguardare le scorte di cibo ed evitare che milioni di persone finiscano per soffrire fame e povertà”.
Se così non sarà, il rischio è che l’eccezione diventi sempre più frequente. Come avvisa il Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico (Ipcc), a meno di un cambio di rotta, gli eventi climatici estremi aumenteranno e le conseguenze per le popolazioni colpite saranno sempre più gravi. “Per i più poveri e i più vulnerabili, che spendono fino al 75 per cento del loro reddito per acquistare cibo, le conseguenze potrebbero essere disastrose”, sottolinea Elisa Bacciotti, portavoce di Oxfam Italia.
Motivo per il quale Oxfam chiede che la Conferenza Onu faccia propri tre obiettivi chiave: puntare al rinnovo del protocollo di Kyoto da accompagnare a un nuovo accordo legalmente vincolante, potenziare i tagli alle emissioni di CO2 prima del 2020 ed assicurare i fondi a lungo termine a sostegno delle popolazioni colpite. Il riferimento diretto è al cosiddetto Fondo verde per il clima che, secondo Oxfam, “non può restare un contenitore vuoto” ma deve avere “le risorse necessarie per entrare in funzione”.
Punti che, almeno in parte, sono già in testa alla fittissima agenda dei lavori di Durban, dove i rappresentanti di quasi 200 Paesi fino al 9 dicembre saranno riuniti nel tentativo di scongiurare il bis del vertice di Copenaghen del 2009, finito con un nulla di fatto.
I temi, in parte, sono gli stessi. Il rinnovo di Kyoto, in scadenza nel 2012, la limitazione drastica di emissioni di Co2 con l’obiettivo di riportare il riscaldamento globale sotto la soglia dei 2 gradi centigradi, lo stesso finanziamento del Fondo verde (che dovrebbe contare su 100 miliardi di dollari all’anno), lotta alla deforestazione e investimenti sulla Green economy. Il tutto mentre l’Europa è alle prese con la crisi economica e l’attacco dei mercati internazionali e gli Stati uniti, già diffidenti verso il protocollo di Kyoto, fanno ancora i conti con gli effetti della crisi finanziaria ed economica iniziata nel 2008.
di Tiziana Guerrisi