Cesare Geronzi

Cesare Geronzi è stato condannato a 5 anni di reclusione per il caso Ciappazzi, l’azienda di acque minerali che secondo la ricostruzione dei pm di Parma l’ex patron della Parmalat Calisto Tanzi fu “costretto” a comprare a un prezzo fuori mercato. Accusato di bancarotta fraudolenta e usura, per Geronzi, all’epoca dei fatti potente numero uno di Banca di Roma, era stata chiesta una condanna a 7 anni. Tre anni e 7 mesi invece per Matteo Arpe, ex ragazzo prodigio di Unicredit. Entrambi non erano presenti in aula. Condanne dai 3 ai 4 anni per gli altri 6 imputati. Per tutti 10 anni di interdizione dall’esercizio di impresa e 5 dai pubblici uffici. Così la sentenza di primo grado del collegio giudicante presieduto da Pasquale Pantalone.

Parla di “vicenda paradossale” Matteo Arpe: “La sentenza del processo Ciappazzi riconosce la mia estraneità alla vicenda e dunque mi assolve”. Così Arpe, in una nota, ha commentato la sentenza. L’accusa aveva chiesto due anni e sei mesi riconoscendo per l’allora ad di Capitalia le attenuanti generiche. “Nello stesso tempo – ha continuato Arpe – però sarei colpevole per un finanziamento a Parmatour (l’impresa del Gruppo Parmalat che operava nel turismo ndr) al quale mi ero opposto, che è stato deliberato in mia assenza e che non avrei potuto impedire neppure ex post, come confermato dallo stesso ex ispettore della Banca d’Italia, che all’epoca dei fatti dirigeva l’ispezione proprio in Capitalia. Sotto questo aspetto la decisione pare francamente paradossale e soprattutto non meritata. Sicuramente le sentenze vanno rispettate ma è certo anche che faremo appello”.

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