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Usa, primarie Repubblicane: la corsa <br/>di Gingrich guadagna sostenitori e consensi

Al suo fianco anche lo Union Leader, il quotidiano a più larga diffusione del New Hampshire che nel 2008 risultò decisivo nella vittoria di John McCain. E secondo un sondaggio realizzato a metà novembre, è quattro punti davanti all'altro candidato Mitt Romney

Newt Gingrich

Newt Gingrich for President. Negli Stati Uniti guadagna consensi e sponsor la campagna per la presidenza dell’ex-speaker della Camera. Nelle ultime ore Gingrich ha vinto l’endorsement, il sostegno elettorale, dello Union Leader, il quotidiano a più larga diffusione del New Hampshire (lo Stato che terrà le primarie repubblicane il 10 gennaio, subito dopo l’Iowa). “Abbiamo bisogno della strategia innovativa e della leadership positiva che Gingrich è capace di fornire – ha scritto Joseph W. McQuaid, l’editore dello Union Leader – . Molti candidati dicono di essere capaci di migliorare Washington. Newt Gingrich lo ha fatto”.

Si tratta di un giudizio importante, e “pesante” in termini di voti, per Gingrich. Negli scorsi mesi diversi candidati repubblicani avevano incontrato la direzione del giornale, nella speranza di ottenerne l’appoggio. L’endorsement dello Union Leader si era per esempio rivelato decisivo nel 2008, quando l’editore aveva scelto di sostenere John McCain (che vinse il voto repubblicano dello Stato e che proprio da qui iniziò la strada che doveva portarlo alla sfida per la Casa Bianca). Soprattutto, gli ultimi sviluppi in New Hampshire dimostrano un trend ormai nazionale. E’ con ogni probabilità Newt Gingrich l’alternativa conservatrice a Mitt Romney nelle primarie repubblicane.

“Romney è un flip flopper, un voltagabbana”, spiegava qualche giorno fa Ron Seymour, un militante repubblicano incontrato a un dibattito elettorale in Iowa. “Romney è un Obama mascherato, è un liberal travestito da repubblicano. Perché noi repubblicani dovremmo scegliere uno così?”, raccontava Sheila, che gestisce un caffè a Kansas City, Missouri. “Non voterò mai per Romney. Tanto vale, allora, dare il voto ai democratici”, è il giudizio senza appello di Frank, che in Nebraska lavora per il senatore repubblicano dello Stato.

Alla base del partito, soprattutto alla sua anima più popolare e conservatrice, Romney non è del resto mai piaciuto. La riforma sanitaria fatta approvare in Massachusetts, quando Romney era governatore dello Stato, è considerata da molti come la logica premessa all’Obamacare, il pezzo di legislazione più odiato dai conservatori d’America. Alle frange radicali e religiose, Romney non offre poi alcuna garanzia in termini di “valori”. Nonostante le ultime uscite anti-aborto, il candidato si è rifiutato di firmare l’impegno solenne pro-life presentato da diversi gruppi cristiani dell’Iowa (da governatore del Massachusetts, Romney era del resto pro-choice). A completare il quadro c’è la fede – Romney è mormone, e la cosa non entusiasma la base evangelica – e la nascita privilegiata, l’impronta elitaria e supercapitalista di Romney, che non a caso ha ottenuto il sostegno di Wall Street e della comunità finanziaria d’America.

Gingrich appare dunque, a questo punto della contesa (manca poco più di un mese ai primi caucuses, quelli dell’Iowa), una possibile via d’uscita e di compromesso tra le diverse anime del partito. Ai social-conservatori, Gingrich offre solide credenziali: è contro l’aborto, contro i matrimoni gay, per un’applicazione il più possibile larga del Decimo Emendamento, che esalta i poteri degli Stati contro il governo federale. La sua esperienza come speaker della Camera, tra il 1995 e il 1999, rassicura i settori del partito più attenti alla politica estera. Gingrich è infatti, insieme a Ron Paul, l’unico tra gli sfidanti repubblicani capace di articolare una visione internazionale (a un recente dibattito in Iowa, Herman Cain, altro candidato, spiegava trionfante: “So che molto presto mi chiederanno chi è il presidente dell’Uzbeki… Uzbekiqualcosa… E sapete la mia risposta? Non lo so!”). A differenza di Paul, orgoglioso sostenitore dell’isolazionismo americano, Gingrich è però più in linea con i settori interventisti del suo partito. In campo economico, il misto di tagli alla spesa e alle tasse sembra infine poter ampiamente rassicurare sull’ortodossia liberista dell’ex-speaker.

Se a tutto questo si aggiunge la capacità di comunicare e divertire (durante i dibattiti, Gingrich passa dai toni da professore di storia, la sua vecchia professione, all’espansività da vecchio uomo del Sud appresa ad Atlanta, la sua città d’elezione), si capisce come Newt Gingrich sia ora in cima ai pronostici . Un sondaggio Quinnipiac, realizzato tra il 14 e il 20 novembre, lo dà quattro punti davanti a Mitt Romney. L’unico vero intralcio potrebbe in questa fase venire dalle ultime dichiarazioni in tema di immigrazione. A un recente dibattito, Gingrich ha chiesto di assegnare una “red card” agli immigrati illegali. “Non è la cittadinanza, ma una misura umana a favore di milioni di persone oneste che da anni vivono e lavorano negli Stati Uniti”, ha spiegato. La proposta non è piaciuta alla base conservatrice (forte soprattutto in Iowa) e ora gli altri candidati sperano che la ‘umanità’ possa frenare la corsa, altrimenti irresistibile, del candidato Gingrich.