“L’informazione è come l’acqua, deve essere di tutti”. Comincia così il manifesto a difesa del Servizio Pubblico radiotelevisivo che oggi, durante l’iniziativa “Riprendiamoci la Rai”, ha fatto tappa a Milano al Circolo della Stampa . All’incontro erano presenti Carlo Verna, segretario nazionale dell’Usigrai (il sindacato dei giornalisti della radiotelevisione di Stato) assieme a Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale. A fare gli onori di casa Enrico Rotondi, membro del Consiglio di redazione del telegiornale Rai della Lombardia e Andrea Corbella, della Rsu del Centro produzione Rai di Milano.
L’iniziativa nasce all’indomani della vittoria dei Sì alla tornata referendaria di giugno. “E’ in quel momento che ci è venuto in mente che anche l’informazione della Rai doveva essere trattata alla stregua di un bene comune, come l’aria o l’acqua, un diritto fondamentale che la politica ha il preciso dovere di garantire ai propri cittadini”, racconta Verna. Peccato che, secondo i promotori dell’iniziativa, questo bene sia nella sola disponibilità dei partiti, “e per di più di solo quelli rappresentati in Parlamento”, aggiunge Onida. Ecco perché l’informazione pubblica deve tornare ad avere nel pluralismo il suo faro. “Non quello dei partiti – avverte il presidente emerito della Consulta – Ma quello della società, delle sue opinioni e correnti di pensiero”.
Secondo i protagonisti dell’incontro, è proprio il legame troppo stretto con la politica ad avere condannato al declino la più grande azienda culturale del Paese.
Le istantanee di questo declino sono tante e per lo più conosciute: dagli adii eccellenti di trasmissioni come Annozero e Parla con me a quelle più piccole, ma non meno importanti, come Passepartout o Per un pugno di libri, fino alla paventata chiusura di un cult per gli amanti del calcio come Novantesimo minuto e addirittura di alcune sedi di corrispondenza all’estero.
Ma, secondo Verna, la situazione che meglio fotografa l’agonia della Rai è l’emorragia di ascolti del Tg1 di Augusto Minzolini: “E’ stata demolita la reputazione del giornale della rete ammiraglia. Qualsiasi altra azienda avrebbe messo fine a questa pagina nera rappresentata dall’attuale direzione. In Rai no. Non si riesce”.
Per recuperare la credibilità perduta, gli estensori del manifesto a difesa della Radiotelevisione pubblica chiedono alla politica di fare un passo indietro. “A partire dal prossimo marzo, quando l’attuale consiglio d’amministrazione finirà il suo mandato – annuncia Verna – Se verrà rieletto secondo i principi contenuti nella Legge Gasparri, allora vorrà dire che in Cda siederanno altre nove persone che risponderanno solo ai partiti. E se così fosse, allora la Rai esalerà l’ultimo respiro”.
Ma se le cose non cambieranno e se non si tornerà a fare informazione “con la schiena dritta” raccontando i fatti “con parole proprie e mai sotto dettatura di altri”, il sindacato dei giornalisti Rai è pronto a gesti eclatanti. A iniziare da un’ondata di scioperi.