Per il ministro degli Esteri Giulio Terzi, la decisione diplomatica rappresenta "un segnale chiaro e condiviso". Allo stesso tempo, la Farnesina ha chiesto ai connazionali residenti nel paese di alzare il livello di attenzione, evitando di avvicinarsi a moschee e processioni religiose
L’attacco all’ambasciata britannica a Teheran “è un attacco a tutta l’Unione europea“. E’ la risposta dei ministri degli Esteri dalla Ue riunitisi oggi a Bruxelles per trovare una linea comune dopo l’attacco alla sede diplomatica di Londra della Capitale della Repubblica islamica.
“Oltraggiati” e pronti a prendere i “passi” necessari, gli stati membri non sono però andati più in là, come la Gran Bretagna avrebbe voluto. Ogni paese infatti sta reagendo a suo modo anche se nuove sanzioni contro il regime iraniano inaspriranno il pacchetto già in essere contro Teheran. E nei prossimi giorni nuove misure allo studio potranno essere prese. Tra i “duri” c’è anche l’Italia che ha richiamato a Roma il nostro ambasciatore in Iran. In sede comunitaria dunque non è andata proprio come Londra avrebbe voluto – e cioè il ritiro congiunto di tutti i diplomatici dal Paese – ma la stretta sull’Iran si fa più forte di ora in ora. I titolari degli Esteri della Ue hanno infatti dato il loro via libera a sanzioni contro 180 tra società e personalità legate al regime, i cui nomi saranno pubblicati domani sulla gazzetta ufficiale europea: si tratta di 143 sigle e di 37 persone. Persone o società “direttamente coinvolte nelle attività nucleari iraniane, di proprietà o controllate, o che agiscono per conto della Compagnia nazionale di navigazione della Repubblica islamica dell’Iran”, ma anche membri ed enti controllati dai Guardiani della rivoluzione, l’ala dura del regime.
Più sanzioni dunque anche se non un accordo sulla richiesta del ministro degli Esteri del Regno unito, William Hague, che voleva un richiamo per consultazioni in contemporanea dei 22 ambasciatori europei nel paese degli ayattolah. I 27 Paesi membri hanno chiarito però che la Ue “prenderà le misure appropriate” per rispondere alle azioni dell’Iran contro i britannici. L’Italia, che già in mattinata aveva convocato alla Farnesina l’incaricato d’ affari della Repubblica islamica, Mehdi Akouchekian, ha poi fatto sapere che Roma “ha deciso di ritirare il nostro ambasciatore per consultazioni”. Misura forte e segnale chiaro annunciato nel pomeriggio dal ministro degli Esteri, Giulio Terzi (la Farnesina ha chiesto ai connazionali residenti in Iran di alzare il livello di attenzione, evitando moschee e processioni religiose), mentre anche Madrid convocava l’ambasciatore iraniano in Spagna, una misura che spesso anticipa la decisione di richiamare in patria il proprio rappresentante diplomatico. Per ora ci si muove dunque in accordo ma anche in ordine sparso. La Francia sostiene che la Ue sta lavorando a “sanzioni molto più dure e senza precedenti nel settore finanziario e petrolifero”, una scelta che altri però (come la Grecia) continuano a non condividere.
Gli Stati Uniti sostengono l’opportunità di aumentare la pressione sull’Iran con nuove misure che comprendano, ad esempio, l’imposizione di sanzioni alla Banca centrale iraniana. Ma ci sono anche voci che vanno in tutt’altra direzione: la Cina, ad esempio, ha chiesto “calma e moderazione”. Quanto alla Turchia (che spesso ha mediato nelle situazioni più tese), ha espresso la sua “preoccupazione” per le minacce iraniane di voler colpire lo scudo antimissile della Nato di Ankara. Tensione alta insomma, che per adesso promette soprattutto un crescendo di pressioni alle quali Teheran risponde con nuove manifestazioni anti-britanniche e vietando ai media stranieri in Iran di coprirle recandosi sul posto.
Un segnale di distensione arriva invece dal popolo israeliano: un sondaggio ripreso dai media online locali rivela che il 65 per cento degli israeliani ebrei sarebbe oggi pronto a sostenere l’ipotesi d’una reciproca opzione zero sul fronte nucleare, mentre una minoranza, seppur significativa (il 43 per cento degli ebrei israeliani, solo il 4 per cento degli arabi residenti), appare invece disposta a prendere in considerazione un ipotetico attacco militare contro Teheran. Opzione che proprio oggi il ministro della Difesa, Ehud Barak, ha detto “al momento” di escludere anche se Tel Aviv alla sola strada delle sanzioni crede poco.
di Emanuele Giordana