Si ferma, continua, ricomincia, si riferma. E’ il tira e molla del tardo autunno 2011 creato attorno a Francesco Guccini, in vista del sold out di sabato 3 dicembre all’Unipol Arena di Bologna. Molte affermazioni d’altri, poche parole sue ma molto chiare: “Questa è comunque l’ultima tappa del tour, faccio una pausa, preparo il nuovo disco, poi si vedrà”.
In fondo le primavere sono settantuno e il buen ritiro di Pavana è più dolce di quello che si poteva pensare. Anche se quel “vedremo” è una parola che non vorresti sentire, perché il pubblico di Guccini è l’unico che abbraccia almeno tre generazioni e gli orfani sarebbero davvero troppi. Perfino Angelino Alfano lo ascolta, magari non in prima fila ai concerti con il pugno chiuso mentre risuonano gli accordi de La locomotiva, ma finite le riunioni con Berlusconi un “cd raccolta” sui piatti dello stereo lo fa girare.
Dispiacere personale a parte, il rapporto tra il vecchio maestro e il suo pubblico rimarrà scolpito nella pietra della musica dal vivo come Mosè fece con le tavole dei comandamenti. Che lo amino quelli della sua generazione, quelli della generazione subito dopo, fino ai ventenni di oggi, è un mistero per i profani come per gli aficionados.
Basti pensare che le decine di fan club del maestrone anche solo per stargli vicini, rievocarlo e adorarlo, domani sera, venerdì 2 dicembre, organizzeranno a Bologna un cenone alla celebre Osteria da Vito, alla Cirenaica, e poi si dirigeranno tutti insieme in piazza Maggiore a cantare le sue canzoni. Pensiamo ci si possa aggiungere anche senza tessera del club, anche solo per accompagnare un coro di qualche ritornello gucciniano che in fondo tutti, anche inconsapevolmente, ricordano.
Lì su quella piazza i fan ritroveranno le tracce del live anno 1984, sempre Bologna, partenza e ritorno: fu la piccola Woodstock italiana, quel 21 giugno, di un caldo appiccicoso. Centocinquantamila persone, forse più che meno, in piazza Maggiore. Mai vista una cosa del genere. Mai visto il maestrone così emozionato, tanto da inventarsi una scaletta nuova, visto che chiuse, inaspettatamente, e viste le ripetute urla, con Un altro giorno andato, che non doveva essere in scaletta, e non con La Locomotiva, come invece fa ininterrottamente da 40 anni.
E poi non va dimenticata la voce calda, dal timbro roco e vibrante, con quella disperata musicalità alla Georges Brassens che lo ha reso probabilmente mito e che possiamo riascoltare in un estratto dell’intervista che Guccini ha rilasciato oggi alla bolognese Alma Radio e che qui pubblichiamo. Impossibile non volergli bene: è un moto spontaneo dell’anima.
di Antonella Beccaria e Davide Turrini