Un altro boccone amaro. Domenica 27 novembre il Paris Saint-Germain in versione Qatar si becca una dura lezione a Marsiglia: tre a zero e pochi commenti. Come Venere fece con Vulcano, i marsigliesi stordiscono gli odiati avversari a colpi di bouillabaisse – una zuppa di pesce accompagnata da crostini di pane intrisi d’aglio, – e portano a casa il classico d’oltralpe. Occhi appannati, digestione lenta e gambe molli, i parigini falliscono un’altra tappa della loro prima stagione da sceicchi, dopo lo scivolone sulla mostarda di Digione e l’addio anticipato alla Coppa di Lega.
Ma il Psg non è la sola vittima della mitica zuppa di origine greca: André-Pierre Gignac, centravanti corazzato dell’Olympique de Marseille, dopo una lunga luna di miele con la bouillabaisse non ha potuto far altro che rinchiudersi in una clinica di Merano. Obiettivo? Smaltire qualche chilo di troppo. E non sono bastati alcuni pastis a Didier Deschamps per dimenticare i diciotto milioni spesi lo scorso anno per l’attaccante gitano proveniente dal Tolosa: non era meglio investirli in un buon ristorante?
Sì, perché è innegabile: in Francia l’armonia burrosa dell’arte culinaria e la rotondità speziata della manifattura enologica sono legate da un sottile filo di Arianna alla maniacale patologia calcistica. Anche per questo il Lione si batte come un toro in gabbia su più fronti: da un lato l’eterna sfida con i cugini poveri del Saint-Etienne, aspra lotta tra beignet e bugnet, dolci molto simili ai nostrani bomboloni; dall’altro il duello a distanza con l’imprevedibile e umile Tolosa, perché per i primi il credo è l’andouillette – salsiccia di stomaco e intestino di maiale, – per gli altri è la saucisse de Toulouse. E pur sempre di suino si tratta, per cui una volta spenti i riflettori de gustibus.
Sul fronte bretone la lotta appare altrettanto serrata: Rennes, Lorient e Brest si giocano la denominazione di origine controllata. Perché da queste parti la galette – crêpe salata a base di farina di grano saraceno – è un emblema da portarsi dietro persino allo stadio. Così quando il 16 ottobre scorso il Rennes ha sconfitto in casa i dirimpettai del Lorient, i tifosi, in estasi, non hanno potuto fare a meno di intonare il loro coro preferito: “Galette saucisse je t’aime! J’en mangerais des kilos”.
Intanto lo spumoso Lilla dello scorso anno sembra essersi un po’ smarrito nelle bollicine della sua birra dai tratti fiamminghi, e cosa dire allora delle due nobili decadute per eccellenza? Nantes, surreale nella sua discesa agli inferi senza ritorno, alle ostriche ha preferito il Curé nantais, e adesso fa affinare il suo formaggio in Ligue 2, in attesa di tempi migliori. Presto potrebbe raggiungerla il Bordeaux: i girondini infatti non navigano in buone acque, anzi, in buoni vini. Quest’anno la vendemmia non è stata delle migliori. Per un Bordeaux che va, una savoiarda che viene: l’Evian-Thonon-Gaillard affronta per la prima volta nella sua storia la Ligue 1, e per il momento la tartiflette sta sortendo gli effetti sperati sull’ingordigia avversaria. Così Evian non è ancora fonduta e la salvezza non sembra più una chimera.
E mentre l’Auxerre, escargot di Borgogna, invecchia lentamente nella sua botte di rovere, lo scaltro Montpellier vola in testa alla classifica, paradosso di questo campionario di prelibatezze: le migliori ricette del capoluogo della Linguadoca sembrano essere cadute nell’oblio. Che a pancia vuota si corra meglio? Probabile, nel frattempo mentre el Flaco Pastore ballava un bolero triste, al Parco dei Principi il modesto Nancy portava a casa un’insperata vittoria: effetti collaterali della quiche lorraine risultata indigesta agli spocchiosi parigini, che ormai allo storico croque monsieur sembrano aver preferito una più esotica parrillada argentina.
Insomma, quello francese non sarà un calcio champagne, ma di certo a tavola ci sa fare, per la gioia di sor Carletto Ancelotti, pronto a sbarcare con il suo Lambrusco frizzante sulle rive della Senna. Con il beneplacito del commensale Gianni Mura.
di Roberto Lapia