“Le mie proprietà di via Pacini dovranno essere devolute a favore di un’Opera benefica”, scriveva il 19 gennaio 1971 la signora Adriana Querqui nel suo testamento. Morì vent’anni più tardi, senza immaginare che uno di quegli appartamenti sarebbe finito nelle mani del figlio di Valter Izzo, presidente dell’Asilo Mariuccia, la storica istituzione milanese che li aveva ereditati. Un episodio che, dopo lo scandalo affittopoli del Pio Albergo Trivulzio, getta ombre sulla gestione del patrimonio immobiliare di un’altra realtà del capoluogo lombardo. Che non si occupa di persone anziane come il Pat, ma assiste adolescenti disagiati. Una fondazione guidata da uomini di Comunione e liberazione che negli ultimi tre anni ha chiuso tre comunità e un gruppo appartamento. Nonostante un finanziamento straordinario di 600mila euro ottenuto nel 2010 dalla Regione Lombardia. E nonostante il denaro entrato in cassa grazie alla dismissione di parte del patrimonio immobiliare: la vendita, dal 1999 in poi, di una cinquantina di alloggi.

Izzo, oggi vice presidente della Compagnia delle opere non profit, nel 1998 diventa presidente dell’Asilo Mariuccia, commissariato da 18 mesi. Denuncia subito un buco da un miliardo e 700 milioni di lire, tanto che l’anno seguente il consiglio di amministrazione decide la cessione di un intero palazzo con ben 48 unità immobiliari in largo Manzoni a Corsico, comune alle porte di Milano. Nel 2001 l’ente è in pareggio. Ma le dismissioni vanno avanti. Nel 2003 vengono venduti, attraverso un’asta con diritto di prelazione degli inquilini, due negozi e tre appartamenti in via Pacini a Milano: fanno parte dell’edificio di otto piani ereditato dalla signora Querqui.

Nelle casse dell’Asilo Mariuccia entrano oltre 500mila euro. Ma potrebbero entrarne di più, visto che la posizione degli immobili, a poche centinaia di metri dal Politecnico e dalle facoltà scientifiche dell’Università statale, li rende particolarmente appetibili sul mercato. C’è poi un particolare che fa sorgere qualche dubbio sull’opportunità dell’operazione: un appartamento al quarto piano (tre locali più bagno e cucina) viene acquistato, cantina inclusa, dal figlio di Valter Izzo, Carlomichele. Il prezzo è 81.686,17 euro per la “nuda proprietà”, a cui vanno aggiunti 93.043,83 euro per l’usufrutto concesso a Maria Prono, moglie del presidente dell’Asilo Mariuccia, e l’impegno di versare in un secondo momento 37.496,15 euro per opere di manutenzione dello stabile.

A gennaio 2010 viene venduto un altro alloggio in via Pacini: un quattro locali più bagno e cucina da circa 100 metri quadri per 346mila euro. Basta fare un giro nelle agenzie immobiliari della zona per capire che un appartamento del genere avrebbe potuto essere venduto a 380mila-430mila euro, a seconda delle condizioni. Izzo nega che i prezzi siano stati inferiori a quelli di mercato: “Gli alloggi non erano molto appetibili – dice a ilfattoquotidiano.it – visto che la metà di quelli messi all’asta nel 2003 è rimasta invenduta”. Argomentazione che non farebbe una piega, se all’asta fosse stato dato il massimo della pubblicità.

Alle dismissioni degli immobili a Milano vanno poi aggiunti i quattro appartamenti venduti nel 2005 a Varese, in via Aurelio Saffi. Ma i ricavi non sono sufficienti per continuare tutte le attività dell’Asilo Mariuccia: a partire dal 2009 vengono chiuse nel capoluogo lombardo due comunità maschili, una femminile e un gruppo appartamento. “Il denaro incassato con la vendita di immobili non può essere usato per le spese correnti – si giustifica Izzo – ma solo per la manutenzione e la ristrutturazione del resto del patrimonio immobiliare. Come l’edificio in via Pacini, su cui pendeva un’ingiunzione del Comune di provvedere alla manutenzione straordinaria”. O come quello in via Porpora, ristrutturato dall’Asilo Mariuccia con una spesa di 478.900 euro per essere trasformato in un centro di formazione affittato per 18mila euro all’anno all’Esae, una fondazione operante nel sociale. Anch’essa presieduta da Valter Izzo.

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