Il processo sulla morte di Lea Garofalo, la testimone di giustizia sciolta nell’acido la notte tra il 24 e il 25 novembre del 2009, deve ripartire da zero. Lo ha deciso la prima corte d’assise di Milano, presieduta da Anna Introini, il magistrato che ha sostituito Filippo Grisolia, diventato capo di gabinetto al ministero della Giustizia. E’ stata così accolta, dopo una breve camera di consiglio, la richiesta delle difese. Solo una settimana fa, il presidente del Tribunale di Milano Livia Pomodoro aveva provveduto alla sostituzione tra i giudici, invitando la nuova corte a fare di tutto “per evitare ulteriori sofferenze e disagi alle persone offese”. Ora, segnalano le parti civili, c’è il rischio concreto che gli imputati escano dal carcere prima della sentenza di primo grado, dato che i termini di custodia cautelare scadono a luglio.

Alla luce del cambiamento della composizione della Corte, i legali dei sei imputati non hanno dato il consenso per mantenere valide le prove finora raccolte in dibattimento, tra cui la testimonianza di Denise, la figlia che la testimone di giustizia uccisa ha avuto con Carlo Cosco, che è uno dei sei imputati per l’omicidio. Denise vive da tempo sotto tutela. Il giudice Introini ha accolto l’eccezione, decidendo di “disporre il rinnovo dell’attività istruttoria, dopo avere preso atto del dissenso delle difese circa la inutilizzabilità dell’attività svolta”.

Lea Garofalo, figlia di un boss di Petilia Policastro in provincia di Crotone, sarebbe stata uccisa per la sua passata collaborazione con la giustizia, che non portò ad arresti per la mancanza di riscontri sufficienti, ma naturalmente suscitò la preoccupazione e la rabbia dei membri del clan. Secondo la ricostruzione investigativa, fra il 24 e il 25 novembre di due anni fa, la donna è stata rapita a Milano, davanti all’Arco della Pace, poi torturata affinché raccontasse quello che aveva rivelato ai magistrati e infine uccisa con un colpo di pistola alla nuca. Il cadavere fu sciolto nell’acido in un terreno nel comune di San Fruttuoso, vicino a Monza.

“Speriamo che il Tribunale imponga un ritmo serrato alle udienze, e che entro luglio si arrivi a una sentenza di primo grado”, affermano gli avvocati di parte civile. “La difesa ha esercitato la sua facoltà – spiega Roberto D’Ippolito, il legale della madre e della sorella di Lea Garofalo – ma purtroppo il rischio concreto è quello che gli imputati tornino in libertà, e su questo bisognerà vigilare”. D’Ippolito sottolinea che “i familiari sono rimasti sconcertati da questa decisione e per Denise tornare in aula sarà una nuova sofferenza, ma hanno reagito tutti con molto vigore”. La ragazza, di 19 anni, verrà riascoltata durante una delle prossime udienze, così come gli altri testimoni che hanno già deposto nelle scorse cinque udienze.

Il caso diventa politico. Per una nuova accelerazione dei tempi premono i parlamentari del Pdl Alfredo Mantovano e Guido Crosetto, che si appellano al nuovo ministro della Giustizia Paola Severino: come è prassi, affermano, “chi cambia funzione salva le pendenze più importanti, per evitare rischi di liberazione per decorrenza termini degli imputati, e comunque gravi disagi per i testimoni”. Un’esortazione a rivedere le decisioni fin qui prese, per un processo che “non è di ordinaria amministrazione – spiegano Mantovano e Crosetto – per la gravità dei fatti contestati agli imputati, ma soprattutto per la tragedia di Lea Garofalo, del cui omicidio con modalità terribili è imputato Cosco”.

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