Rappresenta un passo avanti nella direzione di una Rete che costituisca davvero il primo mezzo di comunicazione di massa libero, democratico e accessibile a tutti la decisione con la quale la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che il direttore responsabile di un periodico online non è responsabile per omesso controllo sui contenuti pubblicati ex art. 57 c.p. (ovvero per omesso controllo sui contenuti pubblicati), specie quando tali contenuti sono costituiti da commenti postati direttamente dai lettori, senza alcun preventivo filtro.

Nel giudizio all’origine della sentenza pronunciata nei giorni scorsi dai giudici della Cassazione la Corte d’Appello di Bologna aveva condannato l’ex direttore de L’espresso online per non aver provveduto alla tempestiva rimozione di un commento diffamatorio pubblicato da un lettore.

I giudici con l’ermellino, tuttavia, nella loro decisione hanno chiarito per un verso che il periodico online non può essere qualificato come “stampa periodica” con la conseguenza che lo speciale regime di responsabilità di maggior rigore previsto per i direttori della stampa periodica non è applicabile ai direttori dei periodici online e, per altro verso, che il controllo successivo alla pubblicazione e finalizzato all’eventuale rimozione di un contenuto non è assimilabile al controllo preventivo finalizzato a evitare la pubblicazione di un contenuto diffamatorio sui periodici tradizionali, con la conseguenza che, anche in questo caso, non sarebbe possibile ritenere responsabile ex art. 57 c.p. – come si pretendeva nel caso che ha dato origine alla decisione – il direttore di un periodico online per non aver provveduto alla rimozione di un commento di un lettore, ritenuto diffamatorio.

Secondo i giudici della Suprema corte le pubblicazioni online – in particolare quando si discuta dei commenti dei lettori – andrebbero assimilate alle trasmissioni televisive piuttosto che alla stampa periodica e, dunque, come accaduto per le prime, andrebbe esclusa la responsabilità dei loro direttori.

Giusto così e peccato solo che sia stato necessario attendere tanto e arrivare sino in Cassazione per sentir affermare un principio tanto ovvio. Pretendere che il direttore di un periodico online risponda dell’eventuale illiceità dei commenti postati dai lettori del suo giornale, infatti, significa considerarlo oggettivamente responsabile a prescindere da ogni valutazione relativa alla sua eventuale colpa.

Se i giudici della Cassazione avessero lasciato che venisse affermato un simile principio di autentica inciviltà giuridica il rischio, probabilmente elevato, sarebbe stato che testate online come questa si sarebbero ritrovate costrette a chiudere, o almeno a restringere sensibilmente, la possibilità per i lettori di commentare articoli e post di giornalisti e blogger, privando i lettori stessi dell’opportunità di manifestare liberamente il proprio pensiero.

La sentenza della Cassazione, naturalmente – ma è bene chiarirlo a scanso di ogni equivoco – non legittima la diffamazione a mezzo internet o, meglio, attraverso i commenti pubblicati sulle testate online, ma semplicemente ribadisce che in Rete ciascuno è responsabile di quello che pensa e scrive e, evidentemente, delle conseguenze che ne derivano.

Chi rompe paga. Esattamente come ci hanno insegnato – o dovrebbero averci insegnato – da bambini.

Tutti liberi di commentare, dunque, ma con giudizio e, soprattutto, nel rispetto degli altrui diritti e libertà.

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