«La mente mente. Il cuore non mente. Mai!». Frase da bigliettino dei baci perugina, di quelle scritte con la biro profumata sul diario da tredicenne innamorata, sfondo blu Pdl, un bel tricolore, che di questi tempi non guasta mai, a forma di serratura e poi la frase finale, degna chiosa dello slogan principale: «Tu sei la chiave!». Si presentano così i manifesti firmati Pin: non si tratta del concorrente del Mago Otelma in cerca di pubblicità e nuovi clienti, nemmeno della promozione di un inedito libro sulle tragiche previsioni Maya, o di una raccolta di incomprensibili aforismi di Nostradamus. Pure se il tono pare quello di una apocalittica promessa mixata con una poesia per adolescenti, il manifesto riguarda la campagna di tesseramento 2011 di un promettente movimento politico: PIN sta semplicemente per Partito Italia Nuova.

L’elettore smarrito, in cerca di un nuovo approdo e di una sigla su cui apporre debita crocetta, potrebbe seguire il consiglio e lanciarsi alla scoperta del sito: www.partitoitalianuova.it. Ai suoi occhi apparirà un sublime mix di uso sapiente della tecnologia e pessimo del linguaggio politico. Una pagina dinamica, con il programma, la newsletter, Facebook, Twitter, YouTube, Flickr, l’aggiornatissimo blog. E poi, meraviglia dell’editoria digitale, l’e-book firmato Armando Siri: L’Italia nuova. Dialogo immaginario con Silvio Berlusconi. Il titolo suona come una promessa, l’addio virtuale alla seconda Repubblica de ‘noantri.

Per il resto il Pin sembra un movimento avveniristico, il partito di un’Italia distopica, capace di parlare a un elettorato da epoca post-atomica. La città da cui ha preso il via il progetto è Milano, luogo di una ipotetica rivoluzione, condotta dalle persone, che, non dimentichiamo, sono la chiave, lo strumento per aprire la porta del palazzo, per compiere l’ingresso trionfante nel mondo futuro, in quell’Italia nuova patria dei cuori, della verità e dei sentimenti, non certo della fredda e menzognera ragione. Il lessico del Pin si potrebbe definire pre-politico: con l’ansia di evitare un freddo politichese, le parole di un linguaggio quotidiano iper-semplificato prendono il posto di una terminologia più astratta e il patetismo di una roboante banalità si sostituisce ai termini della politica. Il tono è millenaristico perché l’obiettivo è quello del passaggio, atteso per lunghi decenni e quindi annunciato come una rivelazione, all’Italia futura.

Nella smania di occupare nel cuore dei cittadini uno spazio elettoral-affettivo, il Pin commette il più classico errore dovuto a quella dote che un tempo persino il Pd ha acclamato come rivoluzionaria: una meravigliosa inesperienza. A causa della quale la spontaneità e la freschezza di un linguaggio politico diretto e coinvolgente sono sostituite da un pathos inverosimile, come se la passione potesse derivare solo dall’esagerazione, da un sentimentalismo astratto. E così ecco il fiorire di foto di bambini sorridenti, bambine scapigliate e allegre, punti esclamativi, tricolori e cuoricini. L’errore però è antico e largamente praticato in politica: immaginarsi le persone in un certo modo, invece di conoscerle e usare le parole della vita comune, vissuta.

Altro che paese nuovo. Se il futuro nasce su queste basi comunicative PIN può stare solo per Povera Italia Nostra!

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