Una guida degli smarriti fra le migliori proposte enogastronomiche della capitale.
Dopo aver nominato i migliori locali dove far colazione o merenda, e dove prendere l’aperitivo, passiamo menzionare i migliori ristoranti della capitale. Ricordiamo che, per far ciò, abbiamo interpellato alcuni fra i più noti gastronomi d’Italia (mantenuti anonimi anche per loro richiesta), decennali conoscitori dei locali golosi della città, paragonando a loro insaputa le risposte. E, a differenza di quanto è accaduto con le guide vinicole nazionali, abbiamo riscontrato, oltre a buffe contraddizioni di chi lavora da anni alle stesse guide, non poche consonanze di giudizio che riportiamo.
Questo dunque il meglio della gastronomia romana, senza tralasciare la cosiddetta gita “fuori porta”.
Cucina romana: Armando al Pantheon e Settimio al Pellegrino, trattorie d’altri tempi e solida cucina casalinga, servizio e prezzi pertinenti. Di questi tempi fa piacere. Lievemente in calo Felice a Testaccio. È da non mancare, pur salendo un poco di prezzo, l’amatriciana (ma anche la gricia) o la carbonara nell’ottimo salotto di Arcangelo Dandini e sua moglie Stefania: vanno provati anche i “supplizi”, cioè supplì e crocchetta deliziosi, e qualche piatto dal nome troppo concettoso e poco intellegibile. La pasta alla carbonara va provata anche da Roscioli che ha un’eccezionale lista dei vini e selezione salumi o formaggi a portar via o da consumare in loco con il pane e la pizza del forno di famiglia: è uno dei locali più noti e angusti della capitale, dove se “fortunati” incontrerete Alessandro Roscioli, cioè la versione odierna dell’oste burbero romano. Non cercate complimenti ma golosità e competenza in sala. Per la pasta cacio e pepe, si può osare perfino Antonello Colonna, al Palazzo delle Esposizioni, nello impressionante spazio concepito dall’architetto Desideri. Il prezzo ovviamente non scende, ma la qualità è indiscutibile.
Cucina creativa ma non economica: nel cuore di Trastevere dal 2004 c’è Glass Hostaria, un bellissimo locale moderno dove opera Cristina Bowerman, che è davvero in forma: dal pane al dolce, passando per la pasta, il pesce e i crostacei, le carni e le suggestioni orientali. Menù degustazione a partire da 65 euro, carta dei vini sensata: il che è raro. Più costoso e audace è il Pagliaccio, da anni lo chef Anthony Genovese sperimenta l’incontro di sapori dei vari continenti e, quando riesce, è sublime; i dolci (sempre gustosi e caratteristici) sono preparati dalla chef alsaziana Marion Lichtle. Al medesimo livello di ristorazione e di prezzo ci sono anche lo chef tedesco Oliver Glowing all’Adrovandi Palace e lo chef colombiano Roy Caceres al Metamorfosi, entrambi i ristoranti si trovano nel quartiere Parioli ed entrambi non hanno ancora pienamente convinto, dati i prezzi. Per avere una vista magnifica, evitando di rivolgerla al portafogli, bisogna andare all’Imago, cioè al lussuoso hotel Hassler, dove c’è lo chef Francesco Apreda e i suoi richiami orientali: non delude. Anche lo chef Riccardo di Giacinto all’Alloro non delude, seppur talora vittima dei tecnicismi. Ovviamente va citato anche il ristorante più costoso di Roma, uno dei più rinomati e costosi d’Italia, ossia la Pergola dell’Hotel Hilton: regno dello chef tedesco Heinz Beck. I giudizi sono talora contrastanti, a causa dei prezzi, ma alcuni piatti quale i fagottelli sono indiscutibili.
Varie: da provare la cucina cinese, non banalizzata ma ispirata, di Green T, (cogliamo l’occasione per rammentare che le paste italiane non sono nate in Cina ma nel Meridione, e molto prima di Marco Polo). Meno costosa la solida cucina marchigiana della Trattoria Monti, non in formissima l’ultima volta che l’abbiamo visitata. Da seguire l’Osteria di Monteverde, se non fosse per la carta dei vini immeritevole. Da seguire anche Vino e Camino, una buona osteria di Bracciano ora inurbatasi. Ma anche Atlas Coelestis: atmosfera insolita, piatti e prezzo affidabili, innaffiati da una birra di produzione propria. Insolito il kasher di Barrili 66 a Monteverde e il thailandese casalingo (consigliate le zuppe, i germogli e il pollo fritto) di Sukhotai. Per mangiare degnamente pesce (i prezzi non saranno mai bassi) bisogna arrivare a Fiumicino, da Pascucci al Porticciolo. Oppure nel centro di Roma c’è il San Lorenzo, che tratta il miglior pescato sulla piazza, e sta ritoccando alcune ingenuità di cucina. Si segnala anche L’Acquolina in zona Fleming. Se proprio si abbisogna di un vegetariano, c’è L’Arancia Blu.
Pizza: pur discordando col critico gastronomico del Foglio, Langone, che trova nella capitale le migliori pizzerie d’Italia (evidentemente ignora Ciro Salvo, Franco Pepe, Enzo Coccia, Gino Sorbillo e altri maestri pizzaioli campani), non si può negare che Roma sia una fucina di pizzaioli bravissimi. Oltre al citato Bonci (nella prima parte dell’articolo), e a Callegari, che negli ultimi anni ha aperto due pizzerie eccellenti ossia Sforno e Tonda, c’è anche l’affabile Giancarlo Casa (talento da cuoco) alla Gatta Mangiona: pizza di qualità sin dal 1999. Un precursore. Tutti hanno una bella scelta di birre artigianali e vini. Insomma è vero che a Roma una pizza bisogna mangiarla.
Gita “fuori porta” (al più un’oretta di auto): anzitutto lo chef Salvatore Tassa (non lontano da Fiuggi), fra i migliori cuochi d’Italia, piatti squisiti e unici ma non economici. Qualcuno segnala anche il giovane chef Marco Bottega all’Aminta di Genazzano. Trattorie gustose a prezzi convenienti sono la Mucca Golosa sul lago di Bracciano e l’inimitabile Oste della Bonora a Grottaferrata, dove è anche possibile portare le proprie bottiglie di vino e combinarle ai caratteristici e felici piatti di Maria Luisa, moglie dell’oste Massimo che si diletta a mettere dischi in vinile di musica rock anni Settanta. Il locale era già amato da Veronelli…