A parlare ieri, nel tardo pomeriggio, a Tolone, davanti a 6mila persone consenzienti (portate lì in gran numero con i pullman dell’Ump, il partito conservatore francese, quasi si fosse a un raduno di peronisti in Argentina o a quello di un Berlusconi qualunque), non c’era il presidente di una delle potenze europee, alias monsieur Nicolas Sarkozy, dal quale si attende con urgenza una soluzione per evitare il patatrac. No, c’era solo un candidato, in estrema difficoltà e in rotta nei sondaggi, delle prossime presidenziali (mancano solo cinque mesi). Lì, in un completo ancora troppo grande per la sua piccola figura: al centro di una scenografia patriottica e irrevocabilmente datata.
Monsieur le candidat ha infilato un po’ di tutto (e niente, alla resa dei conti) in quell’ora di discorso. Soprattutto quello che poteva servirgli per conquistare di nuovo i suoi elettori, lo zoccolo duro della destra, in fuga verso altri lidi. Intorno la casa europea sta crollando, un default della zona euro non è più impossibile. E Sarkozy? Parla di immigrati, di nucleare, anche di Europa, ma rinviando decisioni.
Sull’euro nessuna proposta concreta – Sarkozy sull’argomento è partito con la sua consueta nota drammatica. “L’Europa rischia di essere spazzata via dalla crisi se non riuscirà a riprendersi”. L’euro non viene messo in discussione, anzi: “La scomparsa della moneta unica avrebbe conseguenze drammatiche per i francesi, perché renderebbe il nostro debito insostenibile. Con l’uscita dall’euro, il nostro debito si raddoppierebbe”. Ok. E allora? Sarkozy annuncia che lunedì riceverà la cancelliera Angela Merkel e che insieme presenteranno proposte franco-tedesche “per garantire il futuro dell’Europa”. Insomma, bisogna ancora aspettare. Sicuramente i due restano divisi sulle opzioni possibili (lei per una revisione seria dei trattati Ue e l’introduzione di norme più severe per i bilanci nazionali, lui per un ruolo maggiore della Bce, come prestatore di ultima istanza, e di un rafforzamento del Fondo salva-Stati). Ma da Tolone, niente di concreto. Quasi che Sarkozy sia ormai ostaggio dei tedeschi. Privo di libera iniziativa.
Fuori tema con gli immigrati e il nucleare – Nel suo discorso fiume, il presidente ha trovato il modo di inserire temi che, visto il contesto, appaiono a dir poco fuori luogo. “Ci rifiutiamo di cancellare le nostre frontiere”. “Non accetteremo un’immigrazione incontrollata, che rovinerebbe la nostra protezione sociale, che destabilizzerebbe la nostra società, che perturberebbe il nostro modo di vivere, che stravolgerebbe i nostri valori”. Il motivo di tali prese di posizione? Alle presidenziali mancano appena cinque mesi e urge recuperare il 20 per cento dei consensi che Marine Le Pen, la candidata dell’estrema destra, si aggiudica nei sondaggi. E così Sarkozy ha chiesto anche (ovviamente) una modifica degli accordi di Schengen. Ha pure cavalcato il tema nucleare, utilissimo per recuperare l’elettorato conservatore perduto. “Non è rinunciando alla sua indipendenza energetica e snobbando il nucleare, nel quale ha investito da mezzo secolo tanti soldi e tanta intelligenza, che la Francia valorizzerà al meglio le sue carte vincenti”.
I soliti ritornelli e qualche magra consolazione – Nell’ora di discorso Sarkozy ha anche trovato il modo di ripetere che “le 35 ore lavorative settimanali e i 60 anni di età legale per la pensione sono errori gravi di cui paghiamo pesantemente le conseguenze e che dobbiamo oggi riparare”. Ma ora? A pochi mesi dalla fine dei cinque anni di mandato? Al riguardo ha anche puntato il dito sulla sinistra, all’origine ai tempi delle due misure, dimenticando forse che sono dieci anni che la destra è al potere. E che il tempo di riparare a quegli errori, se voleva, l’ha ampiamente avuto. Il presidente ha comunque inviato un messaggio consolatorio ai suoi concittadini. “Guardiamoci intorno. Vediamo in quale situazione si trovano i nostri paesi vicini che non hanno preso in tempo le misure necessarie”. Ha fatto anche nome e cognome. L’Italia, ça va sans dire.
Neogollismo ideologico per “fare sinistra” – Nel 2008 Sarkozy aveva già pronunciato un discorso a Tolone, subito dopo la crisi Lehman Brothers. Si era scagliato contro il capitalismo finanziario. Erano ancora i tempi illusori (per chi ci ha creduto) di “Sarkozy, il volto umano e moderno della destra europea”. Anche ieri sera, in un passaggio del discorso, ci ha provato a fare quello di destra ma che strizza l’occhio alla sinistra (in realtà sono richiami alla tradizione neogollista, da pura destra sociale, del suo partito), quando ha detto che “la crisi del debito privato, scoppiata nel 2008, si prolunga ora in quella del debito pubblico. E’ la stessa crisi, che dopo aver colpito le banche, colpisce gli Stati”. E all’origine di questa situazione vi è “l’avvio, a partire dalla fine degli anni Settanta, di una mondializzazione senza regole, a parte quelle che garantivano il libero commercio”. Il “compagno” Sarkozy, comunque, si è fermato lì. E’ subito ritornato a bomba. Agli immigrati. Al nucleare. Intanto l’Europa sta crollando.