Se la città di Parma va in rosso, stessa sorte tocca alla sua banca. Banca Monte Parma, che già aveva rischiato il fallimento la scorsa primavera scongiurato dall’acquisizione da parte del gruppo Banca Intesa San Paolo (che in cambio però aveva imposto una riduzione del personale), si ritrova nuovamente al centro delle polemiche a causa di una nuova tornata di licenziamenti imposta dal gruppo.
La notizia arriva direttamente dalla parte sindacale Fabi: Intesa Sanpaolo sta per licenziare 137 dipendenti della Banca del Monte di Parma. “Con una lettera consegnata ieri ai sindacati aziendali, il Gruppo Intesa Sanpaolo, dopo avere unilateralmente disdettato il contratto integrativo aziendale, ha avviato la procedura prevista dalla Legge 223/91 per l’avvio dei licenziamenti collettivi nello storico istituto bancario – si legge nella nota del sindacato – Si tratta di decisioni gravissime, che mal si accordano con le dichiarazioni ufficiali del Gruppo e con una storia di relazioni sindacali che – fino al recentissimo passato – ha dato risultati positivi per entrambi le parti e per i lavoratori”. “Questo strappo, deciso non si sa dove né da chi, compromette gravemente il clima e le relazioni sindacali a livello di gruppo”, dichiara la segreteria nazionale della Fabi, che,”stigmatizzando tale decisione, è quindi impegnata a ripristinare le condizioni per un confronto civile e rispettoso dei diritti e della dignità dei lavoratori e delle lavoratrici della Banca del Monte di Parma”. Il sindacato “a questo fine intraprenderà ogni azione utile, comprese quelle legali, coinvolgendo le altre organizzazioni sindacali rappresentative del Credito”.
Sulla vicenda è intervenuto anche il segretario generale della Fisac Cgil, Agostino Megale. ” E’ inaccettabile che si persegua la strada dei licenziamenti per risolvere i problemi di integrazione della banca nel gruppo – afferma Megale in una nota – Si tratterebbe di un precedente gravissimo, dunque da contrastare con fermezza anche perché rischia di innescare dinamiche finora sconosciute nel settore”. “Come sempre, il sindacato è disponibile ad un confronto serio e costruttivo per trovare soluzioni che, in un’ottica di salvaguardia occupazionale, permettano di affrontare e risolvere i problemi in sintonia con gli accordi realizzati nel settore e nel gruppo – conclude Megale – di sicuro non lasceremo soli i lavoratori, ci batteremo al loro fianco per tutelare i diritti e ricercare una soluzione che difenda l’occupazione”.
Il destino di Banca Monte Parma, e in questo caso dei suoi dipendenti, è sempre stato legato a doppio filo con la sorte della città. Da sempre infatti l’istituto di credito è stato il salvagente e l’investitore principale per le amministrazioni pubbliche, così come le nomine del suo Cda sono state teatro di molte guerre di potere tra imprenditori locali. Basti pensare all’ultimo scandalo legato alla figura del noto Calisto Tanzi: in attesa della condanna in ultimo grado per il crack Parmalat, Callisto telefonava spesso al presidente Gilberto Greci per assicurare fosse nominato nel Cda qualche amico. Il colloquio si svolge a maggio del 2010, quando si apprestava la nomina di Carlo Salvatori al vertice di Banca Monte, controllata dalla Fondazione, e si dovevano rinnovare le cariche sociali. Tanzi e Greci si danno del tu. “Voleva parlarti prima dell’assemblea... – dice l’ex numero uno della Parmalat perorando la causa dell’imprenditore – Io non ho capito se voglia entrare in consiglio o meno”. Greci risponde: “Calisto… sarebbe un problema perché ho già parecchie persone che mi stanno… Adesso – spiega subito dopo il banchiere – metterlo in consiglio sarebbe… non so se mi chiedi una cosa del genere”. Tanzi insiste: “Era questo, perché m’ha detto… io potrei dargli una mano… sono io che ho dato questa interpretazione…”. La raccomandazione dell’ex imprenditore non sortirà altro effetto che far ottenere all’imprenditore parmigiano un incontro con il presidente della Fondazione.
Così come per l’eccessivo indebitamento del Comune di Parma e le sue partecipate, oltre 500milioni di euro: Banca Monte aveva fatto lo stesso, investendo capitale in Stt holding, società che poi ha rischiato il collasso, e per cui la Banca ha rischiato il crack, salvata dai finanziamenti dell’altra partecipata comunale dei trasporti pubblici, la Tep. E come dal Comune di Parma, con l’arrivo del commissario Anna Maria Cancellieri prima e con Mario Ciclosi poi, molti dipendenti a tempo determinato o legati alla figura del sindaco sono stati a casa, lo stesso succederà a Banca Monte: 137 licenziamenti. E, ovviamente, nessuno delle super pagate figure dirigenziali. Insomma, se l’aria che tira a Parma è quella della fine di un sistema basato su amicizie poco chiare e clientelismo, mascherato da lustrini ed eventi spettacolari, non si può certo pensare che sia diversa all’interno della sua Banca.