Media & Regime

Errore di manovra

Illustrare la manovra da Vespa?! Ma cosa è saltato in mente a Mario Monti? Chiariamo subito: il gestore di Porta a Porta fa il suo mestiere ed è un fatto che da quando esiste il tragico dlin-dlon non c’è presidente del Consiglio di destra, sinistra o centro che non si sia accomodato dove si accomodarono, per dire, la signora Franzoni da Cogne e la trans Natalie. Ma, soprattutto, dove in una notte del 2001 Silvio Berlusconi firmò sulla scrivania di ciliegio la superpatacca del contratto con gli italiani. Una scena incancellabile, l’inizio dell’horror che ci ha condotti al presente disastro.

E, se pure il nuovo premier avesse scelto Floris o Fazio, lo sbalordimento non sarebbe minore. Il tracollo della nostra economia, gli annunci di sacrifici “impressionanti”, il Paese con il fiato sospeso e la figura stessa di Monti, il tecnico competente e misurato venuto a salvarci dopo la bancarotta della politica, avrebbero suggerito una comunicazione autorevole e consona alla gravità del momento. Nelle grandi democrazie, i capi di governo parlano alla nazione a reti unificate, seduti nel loro studio e con accanto la bandiera. Non risulta che Cameron, Sarkozy o la Merkel corrano a illustrare le loro decisioni nel primo talk show, anzi se ne guardano bene. Se Monti sente la necessità di uscire dai formalismi per confrontarsi subito con l’opinione pubblica, anziché rispondere a Vespa e ai tre immancabili direttori, perché non anticipa la tradizionale conferenza stampa di fine anno con tutte le testate giornalistiche?

Che un danno d’immagine ci sia già è dimostrato dalla precipitosa convocazione delle Camere per lunedì seguita alle proteste dei partiti (tranne il Pd dei Tafazzi, s’intende) increduli all’annuncio che sarebbero stati informati sulla manovra dopo il simpatico maggiordomo di via Teulada. Qualcosa dovevamo cominciare a temere quando, dopo il giuramento al Quirinale, il ministro dell’Ambiente si precipitò a Un giorno da pecora. Tecnici o politici, smodati o sobri, possibile che non cambi mai nulla?

Il Fatto Quotidiano, 3 dicembre 2011