Nel mezzo della tempesta, è stato “il sontuoso difensore delle istituzioni democratiche italiane”, incarnando un’Italia “diversa, un’Italia di virtù civiche”. A meno di un mese dall’insediamento del governo Monti ecco l’omaggio del New York Times al “silenzioso ‘power broker’ dell’era post-Berlusconi”, il presidente Giorgio Napolitano, incoronato con il nome di ‘Re Giorgio’. Il quotidiano statunitense dedica al capo di Stato il suo tradizionale ritratto del sabato, ripercorrendone la lunga biografia sin da quando era il “comunista favorito” di Henry Kissinger.
Per il Nyt, Napolitano ha giocato “un ruolo importantissimo, seppur dietro le quinte, nella transizione dal governo di celluloide di Silvio Berlusconi a quello tecnico di Mario Monti” e il mese scorso “ha aggiunto un ulteriore tassello alla sua carriera di altissimo livello, gestendo uno dei trasferimenti politici più complessi del dopoguerra” e presentandosi come “una garanzia di stabilità politica in un periodo turbolento”.
Nel profilo della prestigiosa rubrica, che occupa mezza pagina anche nell’edizione europea dell’International Herald Tribune, si osserva come “la sua performance è ancora più impressionante” perché nel quadro di quella presidenza italiana che è “in gran parte un ufficio simbolico, privo di poteri esecutivi”. Eppure, Napolitano “ha spinto il suo ruolo al limite diventando un silenzioso ‘power broker“’ della transizione, continua il Nyt, rilevando quindi gli elementi di diversità tra il presidente e l’ex premier. “Nel mondo capovolto dell’Italia di Berlusconi, dove la vita privata del primo ministro ha finito per oscurare il lavoro di governo, Napolitano è emerso come l’anti-Berlusconi, con l’elegante e ancora esuberante consorte Clio”.
E il ruolo chiave del presidente, che “non solo ha dettato il tempo delle soluzioni ma anche i suoi contenuti”, scrive il Nyt citando le parole di un docente universitario italiano, ha contribuito all’evoluzione della sua stessa figura nel mondo. I grandi del pianeta, Obama, Merkel, Sarkozy hanno espresso personalmente “il proprio sostegno alla sua leadership” quando “un tempo, l’idea di un presidente americano che ringrazia Napolitano (che era essenzialmente il ministro degli Esteri del Pci) o anche soltanto che lo chiamasse al telefono, era impensabile”.
Il quotidiano ripercorre infine la biografia politica dell’inquilino del Colle, ricordando la sua appartenenza all’ala dei ‘miglioristi’, all’interno del Pci, e evidenziando come, anche nel pieno della Guerra Fredda, Napolitano fosse “rispettato abbastanza negli Usa da diventare il primo comunista italiano a visitare ufficialmente il Paese”. Più di 30 anni dopo, “gli italiani ora guardano a Napolitano come alla guida prudente della nave” del governo nella sfida “alla modernizzazione della scricchiolante economia italiana”.