Il Comune di Bologna ha da oggi ufficialmente il proprio registro per la raccolta del testamento biologico dei residenti. La prima città italiana, che nel 2009 votò un ordine del giorno per l’apertura di un elenco delle cosiddette Dat (le Dichiarazioni anticipate di trattamento), insieme ai notai ha messo a punto un sistema per cui la tenuta del registro possa subito funzionare ed essere inattaccabile a livello giuridico. Il tutto avrà un costo che potrà variare, per ogni cittadino, da 50 ai 100 euro.

Il sistema escogitato prevede infatti che i testamenti biologici siano materialmente conservati dal notaio stesso (e quindi anche dagli archivi notarili) e da uno o più fiduciari. Dunque, e questa è la novità bolognese, l’anagrafe comunale terrà solo una lista con su scritto quale notaio o fiduciario (o entrambi), conservano quel testamento.

In questo modo l’amministrazione bolognese, secondo l’assessore Matteo Lepore, “è inattaccabile di fronte a qualunque ricorso che arrivi dallo Stato”. L’assessore ha infatti spiegato che “anche spendere 1 euro per la conservazione materiale di ogni plico con dentro il testamento renderebbe l’amministrazione passibile di ricorso alla Corte dei Conti”.

Nella pratica, il cittadino che vorrà lasciare le proprie volontà sul suo fine vita potrà recarsi da uno dei 60 notai (l’elenco è sul sito web) che hanno aderito all’accordo con il Comune. Una volta redatto il testamento biologico secondo le proprie volontà, il cittadino firmerà due documenti: il testamento stesso e una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà in cui “darà atto di avere compilato e sottoscritto una Dat presso un notaio”.

Questa seconda dichiarazione finirà all’anagrafe del Comune e, in caso di necessità, un medico potrà rivolgersi a Palazzo d’Accursio per rintracciare velocemente il notaio o il fiduciario che conservano una copia autenticata del testamento in cui sarà fondamentale la questione della data. Il timbro del notaio garantirà infatti che nel giorno in cui è stato redatto, il cittadino era capace di intendere e di volere. Nulla vieta inoltre che il fiduciario sia lo stesso notaio.

I notai hanno già reso noto un modulo di esempio (rintracciabile sul sito web del Comune) di un testamento biologico. I casi pratici in questione riportati sono la “malattia o lesione traumatica cerebrale irreversibile e invalidante” o “una malattia che mi costringa a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una normale vita di relazione”. In questo modulo il cittadino potrà, per esempio, richiedere di essere o meno “sottoposto ad alcun trattamento terapeutico né a idratazione e alimentazione forzate e artificiali in caso di impossibilità ad alimentarmi autonomamente”.

Naturalmente l’accordo tra Comune e notai sparirebbe nel momento in cui il vuoto legislativo sul tema venisse colmato. Niente vieta, inoltre, che un giorno un legislatore o lo Stato possano interferire rispetto a quelle volontà. Ad ogni modo, il sistema del capoluogo emiliano permetterà di garantire una veloce tracciabilità del testamento e una garanzia di autenticità del testamento stesso. Al momento, tra le grandi città italiane, solo Udine e Firenze hanno un simile sistema di raccolta delle Dat.

“Un risultato che però non aggiunge granché a ciò che c’era prima: già dal 2006 a Bologna era possibile depositare il proprio biotestamento presso un notaio”, spiega Maurizio Cecconi, portavoce della Rete Laica di Bologna, “In tempi di crisi in tanti rinunceranno a usare notaio, mentre invece il servizio poteva essere gratuito. A Casalecchio di Reno, ad esempio, a due passi da Bologna, l’amministrazione si fa carico di conservare direttamente le volontà testamentarie”

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