Per Thomas Hammarberg, massimo esponente dei diritti umani, il conflitto d'interessi del Cavaliere ha portato "a un'interferenza del governo nel settore dell'informazione oltre e sollevare seri dubbi sulla distribuzione del potere in seno alla società"
La libertà dei media in Italia? E’ “a rischio a causa della presenza dell’ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi“. A sottolinearlo non è la stampa ‘comunista’ o i partiti d’opposizione, bensì Thomas Hammarberg, il commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa, nel suo commento, pubblicato oggi, sulla necessità di rafforzare il ruolo del servizio pubblico per garantire il pluralismo dell’informazione in tutti i 47 paesi membri dell’organizzazione.
Parole inequivocabili quelle utilizzate da Hammarberg: “In Italia mentre era primo ministro, Berlusconi era contemporaneamente il maggiore azionista della più grande azienda televisiva attraverso il 39 per cento di quote di Mediaset detenute da Fininvest – ha scritto il commissario -. Questo ha portato a un’interferenza del governo nel settore dei media oltre e sollevare seri dubbi sulla distribuzione del potere in seno alla società”. Nel suo commento, poi, il commissario europeo per i diritti umani ha indicato quali sono attualmente i fattori che mettono a repentaglio la libertà dei media: per Hammarberg, uno è la tendenza dei governi a voler dominare il mercato dell’informazione, l’altro la concentrazione della proprietà nel settore privato.
Ed è proprio per sottolineare questo ultimo punto che il commissario ha citato, come unico esempio, il caso italiano. Un’anomalia, quindi. Secondo l’esponente del Consiglio d’Europa, inoltre, esistono due misure che vanno prese per assicurare la libertà di informazione. Da un lato vanno contrastate in modo sistematico tutte le tendenze monopolistiche, dall’altro va salvaguardato e anzi accresciuto il ruolo del servizio pubblico. A questo proposito, Hammarberg osserva come nei Paesi dove il servizio pubblico è forte e indipendente (anche dai soldi ricevuti dalla pubblicità) spesso il giornalismo è etico e di buona qualità. In tal senso, però il commissario non cita l’Italia.