Durante il Consiglio comunale di ieri mi sono espresso sulla possibile autoesclusione delle associazioni cattoliche dalla consulta sulla famiglia.
Dicevo: “I cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo”, leggiamo nella lettera a Diogneto. A queste associazioni dico: State nel mondo! State in questo mondo che è la città di Bologna, con le sue culture e tradizioni diverse. Stateci senza preclusioni. Uscire dalla consulta è il gesto peggiore che potete fare. È sbattere la porta di fronte a chi la pensa in maniera diversa da voi ma che esiste e vive nella nostra città come e quanto voi.
La città di Bologna, in quell’organismo, ha bisogno di voi, ha bisogno della tradizione cristiana che sa mettersi in relazione anche con chi la pensa in modo diverso, sa essere aperta al dialogo, al confronto e alla reciproca mutualità. L’apporto di chi si richiama alla dottrina cristiana è fondamentale quanto quello di chi si richiama ad altri principi. Insieme, ognuno con le proprie funzioni, siamo chiamati a costruire una comunità dal volto non più impersonale e massificante, ma personale e fondata sull’amore. Non escludetevi. Non private la nostra comunità della vostra voce. Siate responsabili, state nel nostro mondo.”
Oggi pomeriggio, purtroppo, le 12 associazioni si sono presentate alla prima riunione della Consulta comunicando che si dimettevano. I motivi? Procedurali.
“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci.” (Mt 23,13)
È triste. È fuori dal tempo e dalla storia. Certo, si fa perno sull’interpretazione del regolamento, ma mi sembra si sia arrivati a farne un discorso simbolico che non è giusto, prima di tutto nei confronti della città. Soffermarsi sulle procedure è troppo semplice. Resta il dubbio che questo proceduralismo nasconda altro e questo non va bene. In una società composita come quella della nostra città è giusto che là dove si tocca l’argomento della famiglia, anche associazioni di omosessuali possano dire la loro. Si può essere o meno d’accordo con la procreazione assistita o gli uteri in affito (temi sui quali ho fortissime perplessità) ma non vuol dire che queste associazioni non possano essere giudicate degne di stare al tavolo della consulta delle famiglie. Quelle associazioni rappresentano anche famiglie eterosessuali che hanno figli omosessuali o genitori omosessuali.
Se ci fermiamo sulla parola famiglia non ne usciamo. Proviamo a pensare al tema del rapporto genitori figli. Pensiamo al fatto che la consulta è strumento del consiglio comunale per aiutare i consiglieri ad avere una giusta e reale fotografia sul presente, sulla nostra società e sulla sua composizione. Non sta a noi giudicare, sta a noi governare e per questo si chiede l’aiuto alla consulta perché rappresenti lo spettro massimo della realtà. Non possiamo escludere qualcuno perché alla base vi è un’idea di famiglia diversa. Non è questo il discorso. Il tema è la possibilità di un a lettura ampia della realtà bolognese.
Questa autoesclusione ha il sapore del dispetto, ha il sapore di chi sbatte i piedi. Voglio pensare non sia così e invito quelle associazioni a ripensarci. Se no poi si finisce per fare i farisei che della legge e della regola facevano un assoluto per non parlare d’altro.
La democrazia è confronto, è spazio di partecipazione dove le convinzioni si incontrano e entrano in dialogo. Non farlo è rendere la nostra città meno ricca e questo Bologna non lo merita.