Mario Monti aveva promesso una manovra fatta di rigore, sviluppo ed equità. Solo il primo ingrediente è stato dispensato a piene mani, ma il secondo è scarso (un soupçon, direbbero i ricettari francesi) e il terzo praticamente assente.
L’equità è necessaria per raccogliere un consenso adeguato in Parlamento, ma soprattutto per rendere accettabili i sacrifici che ci attendono. Ma come si può considerare equa la decisione di sospendere l’indicizzazione delle pensioni sopra i 980 euro? Economisti di destra e di sinistra considerano da sempre l’inflazione come la più ingiusta delle tasse, perché colpisce soprattutto i più deboli e perché agisce subdolamente. Non si dica che basta l’esenzione della fascia minima (quella della vera e propria sopravvivenza) e la promessa di temporaneità per rendere accettabile il provvedimento. Con un’inflazione prevista del 3 per cento circa (ma il paniere dei beni e servizi acquistati dagli anziani aumenta più rapidamente dell’indice Istat) questo significa un taglio delle pensioni quasi del 10 per cento in due anni sulla fascia eccedente i primi 953 euro. E questo senza neppure il bel gesto di una seria sforbiciata alle pensioni d’oro.
Purtroppo questo è l’esempio più clamoroso, ma non l’unico di rinuncia all’equità. L’Ici sulla prima casa era inevitabile, ma ancora una volta si rinuncia a tassare il patrimonio immobiliare ecclesiastico non dedicato al culto, perpetuando così un altro privilegio assurdo e odioso. E che dire della lotta all’evasione fiscale? Aggiungere all’aliquota irrisoria dello scudo fiscale di Tremonti un’altra aliquota irrisoria non corregge la profonda distorsione di un provvedimento che premia, di fatto, gli evasori di ieri. Molto meglio sarebbe stato impegnarsi a colpire i patrimoni ancora all’estero, tramite accordi con i vari paradisi fiscali, come hanno già fatto Germania e Inghilterra, assicurandosi entrate per vari miliardi all’anno. Anche perché in questo modo si potrebbero finalmente scovare gli evasori di oggi.
La reazione positiva dei mercati non deve ingannare, perché agli investitori interessa solo che il conto venga pagato, non certo quali sono le tasche cui si attinge. Ma fino a quando si rinuncerà a toccare i mille privilegi di cui è intrisa la società italiana, le manovre economiche risulteranno socialmente inique (e anche zoppe dal punto di vista dello sviluppo); quel che è peggio, le speranze di una vera svolta politica dopo due decenni di berlusconismo andranno in frantumi.
Il Fatto Quotidiano, 6 dicembre 2011