In Italia i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sono sempre più poveri. Così si può leggere il rapporto Ocse “Divided We Stand: Why Inequality Keeps Rising” (Siamo divisi: perché l’ineguaglianza continua ad aumentare) secondo il quale il gap di reddito tra la fascia sociale più benestante e quella meno abbiente continua ad aumentare da circa trent’anni. Il fatto è che in Italia la disuguaglianza dei redditi è superiore alla media dei Paesi Ocse, addirittura più elevata che in Spagna ma inferiore al Portogallo. Secondo l’Ocse, nel 2008 il reddito medio del 10 per cento più ricco degli italiani era di 49.300 euro, dieci volte superiore al reddito medio del 10 per cento più povero (4.877 euro), mentre a metà anni novanta era “solo” otto volte più grande.
Ricchi sempre più ricchi – “La proporzione dei redditi più elevati è aumentata di oltre un terzo”. Questo vuol dire che l’1 per cento più ricco degli italiani ha visto il proprio reddito lievitare del 7 per cento nel 1980 e di quasi il 10 per cento nel 2008. Tradotto su scala nazionale, ci troviamo di fronte a una situazione dove lo 0,1 per cento della popolazione detiene il 2.6 per cento dell’intero reddito nazionale. E le tasse? Per i paperoni sono generalmente diminuite, dal momento che “le aliquote marginali d’imposta sui redditi più alti si sono quasi dimezzate passando dal 72 per cento nel 1981 al 43 per cento nel 2010”.
Boom del lavoro autonomo – Secondo l’Ocse, “l’aumento dei redditi da lavoro autonomo ha contribuito in maniera importante all’aumento della disuguaglianza dei redditi da lavoro: la loro quota sul totale dei redditi è aumentata del 10 per cento dalla metà degli anni Ottanta”. Va detto che proprio nel lavoro autonomo si concentra notoriamente la fetta più grande dell’evasione fiscale, fattore che, anche se non preso in considerazione dallo studio, fa aumentare ancora di più l’income di chi “non paga le tasse”.
Ricco sposa ricco – L’Ocse mette poi in rilievo come “sempre più persone si sposano con persone con redditi da lavoro simili ai loro”. Questo, spiega l’organizzazione, “ha contribuito ad un terzo dell’aumento della disuguaglianza di reddito da lavoro tra le famiglie”, in quanto fa lievitare proporzionalmente la differenza di reddito tra coppie ricche e coppie povere.
Crollano gli aiuti dei servizi pubblici – Una grossa campanella d’allarme è costituita dalla ridotta capacità di servizi quali sanità, istruzione e altri servizi pubblici a ridurre la disuguaglianza di reddito. Nel 2000 questo avveniva per circa un quarto dei casi, oggi per solo un quinto. Occupazione, istruzione, incentivi alla formazione professionale, riforma delle politiche fiscali e previdenziali e offerta di servizi pubblici gratuiti sono tra le ricette suggerite dall’Ocse all’Italia per invertire il trend attuale.
Infine lo studio si permette una considerazione: “La quota crescente di reddito per la popolazione con le retribuzioni più elevate suggerisce che la sua capacità contributiva è aumentata. In tale contesto, le autorità potrebbero riesaminare il ruolo redistribuivo della fiscalità onde assicurare che i soggetti più abbienti contribuiscano in giusta misura al pagamento degli oneri impositivi”. Insomma, tradotto in parole povere, “chi ha di più potrebbe pagare di più”.