Un ufficio al numero 15 di via Mozart, tra le più lussuose ed esclusive della città, in zona corso Venezia. Era il cuore degli affari della camorra casalese a Milano, scovato da un’inchiesta della Guardia di Finanza di Napoli. In via Mozart avevano sede diverse società attive nel settore delle sale bingo, dei videopoker e delle slot machine elettroniche. Tutte riconducibili a Renato Grasso, quarantaquattrenne imprenditore napoletano, anche lui arrestato per mafia. Perché, si legge nell’ordine di custodia firmato dal gip Antonella Terzi il 16 aprile 2009, l’imprenditore agiva per conto dei clan casalesi, in particolare dell’organizzazione “facente capo a Iovine Antonio e Zagaria Michele”, il boss arrestato a Casapesenna, in provincia di Caserta, dopo sedici anni di latitanza. Renato Grasso sarebbe stato la testa di ponte per acquisire “la gestione monopolistica della produzione, l’installazione, la distribuzione ed il noleggio, in regime di monopolio violento, di videogiochi e l’esercizio organizzato delle scommesse”.

A Grasso faceva capo anche una grande sala bingo milanese, in viale Zara – “con la relativa concessione dei Monopoli di Stato”, sottolinea il gip – di proprietà della società Dea Bendata srl, e una aperta in provincia, a Cernusco sul Naviglio, intestata alla Febe srl. Nelle due imprese i casalesi avrebbero investito tre milioni 450 mila euro. A cui vanno aggiunti i 607 mila euro impiegati nella scalata a un’altra sala bingo, quella di Cologno Monzese, attraverso la Las Vegas srl, una delle società insediate in via Mozart. Protagonista di queste operazioni è Marco Carravieri, un insospettabile milanese doc allora ventinovenne, che secondo l’accusa agiva come fiduciario di Grasso, incaricando di comprare e vendere società e di intestarle a prestanome. Insieme al napoletano Salvatore Vendimini, Carrarvieri forma “un duo che opera come un solo soggetto collegato a Renato Grasso, reale dominus delle attività economiche”.

Il gioco di Stato non era il solo affare della famiglia Zagaria nel centro storico di Milano. Il 30 aprile 2003 è Pasquale Zagaria, il fratello di Michele, a salire in città per valutare personalmente l’acquisto di un palazzo di lusso da ristrutturare in via Santa Lucia 3, vicino a Corso Italia. L’affare è concluso da Aldo Bazzini, immobiliarista parmense e suocero di Michele, poi condannato per associazione mafiosa. Il prezzo è di tre milioni di euro, con 500 mila euro in contanti di caparra che viaggiano da Casapesenna a Parma nascosti sotto i tappetini di un’auto guidata da un uomo di fiducia degli Zagaria. Il cantiere è ben avviato quando, nel 2006, intervengono i carabinieri del Ros a sequestrarlo.

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